La pagina di Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) compie vent’anni. È una delle due (assieme a quella dell’Internazionale) che sono pre-esistenti all’intero sito, e che vi sono trasmigrate in seguito. Risale, quindi, al fatidico anno 2000 (o “Dumila”), quello dei famigerati “Millennials”. E’ una pagina “Millennial” pure lei, quindi. Nell’anno Dumila, il quattordici di giugno, Francesco Guccini compiva sessant’anni; all’epoca, si riuniva quotidianamente sull’ancora misteriosa “Internet”, e nella fattispecie nell’ancor più misteriosa “Usenet”, una congrega di pazzoidi e pazzoidesse in luoghi, embrioni di una già piuttosto folle “socialità” in rete, detti “Newsgroups” (italiano: niusgrùppi o gnusgrùppi); suddivisi in varie “gerarchie”, vi si poteva discutere un po’ di ogni cosa. Uno di questi niusgrùppi, della “gerarchia it.”, si chiamava it.fan.guccini (poi mutato in it.fan.musica.guccini). Forse, chissà, ne avete sentito parlare, anche perché il suo nome si trova ancora sulla homepage di questo sito in quanto suo “co-iniziatore” nel 2003 con la famosa raccolta primitiva di canzoni contro la guerra.
it.fan.(musica.)guccini esisteva in realtà già da diversi anni; dal 1996 per la precisione. Uno dei suoi estensori e iniziatori fu, peraltro, quel Luca Monducci, allora capostazione nonché bloccatore di convogli militari a Empoli, che era stato un mio compagno di scuola e che ogni tanto si rifà vivo anche qua dentro dal suo buen retiro mugellano. Alla fine di detto anno 1996, neo-internettaro a pagamento, provider carissimo e TUT (Tariffa Urbana a Tempo della SIP, vale a dire bollette telefoniche agghiaccianti), ero già su quel niùsgrup contribuendo, mettiamola così, a dare avvio a un’esperienza decisamente particolare, anche e soprattutto per le sue componenti e implicazioni umane quando, dal cosiddetto “virtuale”, si passò al “reale” (amicizie, inimicizie, amori, trombate, corna, risate, mangiate, lacrime, rivalità, verità, menzogne e quant’altro). Ora, coi “social”, è pane quotidiano; allora era la scoperta di un mondo veramente màggico.
it.fan.(musica).guccini aveva, tra le sue caratteristiche, quella di molestare ripetutamente Francesco Guccini. C’è stato un periodo in cui eravamo ovunque (concerti, riunioni eccetera), persino con lo striscione:
Nella foto sopra mi si vede al centro, 37enne, fare il pugno chiuso. Alla mia destra, un riconosciuto e conclamato fascista a cui piaceva Guccini; alla mia sinistra, un sacerdote cattolico, allora parroco di una ridente località chiantigiana. C’erano, poi, tra gli altri e le altre, un’astronoma, una brava ostetrica, il gigantesco autore (2,01 metri di statura, nonché eminente matematico) della traduzione dell’ “Internazionale” nel dialetto di Chieti e un anarchico o roba del genere. La foto era stata scattata da un metereologo che, ora, ogni tanto si vede in televisione, e sul cui sito personale -peraltro- sono stati ospitati in libero scaricamento i primitivi cinque files di testo delle CCG (ci sono ancora). Insomma, tutto questo per cercare di dare una pur vaga idea. Le molestie a Guccini, che oramai di “quelli di Internet” non ne poteva più, erano capillari e scientifiche. La sera stessa del 14 aprile 2000 gli andammo dietro a rompergli i coglioni mentre mangiava al ristorante “La Greppia” (sic), e dove cantò -ebbene sì!- “Figli dell’officina“. Un paio di anni prima rispetto alla foto, nel luglio del 1998, ci eravamo spinti in massa addirittura nel sacrario di Pàvana, dove Guccini presentava il suo dizionario del dialetto locale (che ho ancora, con tanto di dedica che, ne sono certo, sottintende un “vaffanculo e lèvati dai quajàn”). La mia cospicua dose di molestie si esplicò facendo presente a Guccini, in piena presentazione, che non era vero che un dato fonema esisteva soltanto nel dialetto di Treppio: esisteva anche in albanese e in macedone. Colsi benevoli sguardi di odio negli occhi del Maestrone.
Insomma, per farla breve, nell’anno 2000 decidemmo, come niùsgrup, di fare un “regalo” a Guccini per i suoi sessant’anni. Ma siccome nessuno si decideva a fare una proposta, mi misi in azione: avrei tradotto, e/o fatto tradurre, “Auschwitz” nel maggior numero di lingue possibili, inserendo tutto in una “pagina Internet”. La storia di quella pagina (attualmente persasi chissà dove, dopo vent’anni) è quantomeno curiosa, e ve la racconto per sommi capi. Per prima cosa cominciai a fare letteralmente il bìschero: nel senso, a tradurre personalmente in lingue che conoscevo poco o per nulla, aiutandomi con grammatiche e dizionari. Vista l’impossibilità della cosa, e i risultati che dovevano somigliare a qualcosa tipo “Io morire con cento altri, morire pampino passare kamino”, cominciai a scandagliare tutto il quartiere del Pontino (Livorno) implorando varie conoscenze di darmi una mano. Cosicché la pagina contiene traduzioni di Auschwitz fatte da una pizzaiola e da una commessa di lavanderia. Da poco, andavo in sinagoga a lezione di ebraico moderno; naturalmente, misi in mezzo anche la mia insegnante (una simpatica e graziosissima ragazza israeliana di poco più di vent’anni, molto brava e anche discretamente incinta) e ne venne fuori la versione in ebraico. E così via, ivi compresa la traduzione in samoano per la quale, qualche tempo dopo invero, andai a rompere le scatole sul canale #IRC delle isole Samoa -scoprendo che, in samoano, “Auschwitz” si dice “Auvitu”, e che per tradurre “c’era la neve” i poveri samoani dovettero fare non so che giri di parole, visto che la neve alle isole Samoa non c’è e non esiste nemmeno la parola.
Com’è e come non è, alla fine la pagina, ovvero il “regalo a Guccini”, fu pronto prima del quattordici di giugno dei suoi sessant’anni. La pagina era un’autentica schifezza (immaginatemi a costruire una pagina su Lycos nel 2000), e alcune traduzioni erano -mettiamola così- un po’ approssimative. Come recapitare il “regalo”, però? Ci aiutò un po’ la sorte. Attraverso vie che ignoro, l’orripilante pagina Lycos fu “catturata” da qualche funzionario televisivo addetto, il quale pensò bene di darne notizia (e con discreto risalto) addirittura sul Televideo della RAI. Esattamente la mattina del 14 giugno 2000.
Poi sono passati gli anni. it.fan.(musica).guccini è annegato -come era lecito attendersi- in amori, odi e via discorrendo. Ci siamo sparpagliati per il mondo, perdendoci di vista. Nulla di straordinario; ogni cosa passa e va. Quella pagina su “Auschwitz”, però, era stata consegnata alla Grande Rete, e restava; ad un certo punto, è -appunto- trasmigrata integralmente in questo sito. Fin dall’inizio: in tutto il sito di trentunomila pagine e rotte, ha il numero 7. Sta fra le “CCG primitive” e tra quelle “Fondamentali” (quelle con il bollino rosso con la “B”). Si è ampliata. Ci sono stati i commenti. Tutto quel che si vuole, ma alla fin fine era sempre lei: la pagina del 2000, di vent’anni fa.
2020, o Dumilaventi. Appena cominciato. Che lo crediate o no, anche noi ci abbiamo i nostri “anni Venti” (diversi dai vent’anni, ohimè). Il 14 giugno prossimo, Francesco Guccini, di anni, ne compirà ottanta. Così, ho deciso che questa àvita pagina meritava una ristrutturazione radicale, e a pensarci bene “Vent’anni dopo” riporta molto a Dumas (Quasi come Dumas…). Una ristrutturazione e, direi, in primis un sano repulisti. L’ho “deventurizzata” il più possibile, sostituendo diverse mie “traduzioni” fatte coi piedi con traduzioni (di madrelingua) trovate in rete e lasciando, tra le mie, solo quelle che hanno passato un esame spietato, dato che -in vent’anni- di qualche lingua ho migliorato la conoscenza (ma, di qualche altra, niente affatto). Ovviamente questo significa poco o punto: chiunque, madrelingua o conoscitore approfondito di un dato idioma o di più di essi, può intervenire e/o fare una traduzione nuova di sana pianta. Sappia che sono non solo ricettivo, ma sollecito la cosa; quanto meno Venturi ci sarà in questa pagina, quanto più sarò felice. Di molti dei traduttori originali non esiste più notizia e me ne dispiace. Con qualche miglioria grafica e di layout, spero comunque che questa “paginona” (così la avrebbe chiamata Gian Piero Testa che, fra l’altro, è tra i traduttori) possa ancora servire, con tutta la sua lunga e peculiare storia. Mi chiedo, a volte, se Francesco Guccini ne abbia mai, in qualche modo, avuto notizia; chi lo sa, e non glielo andrò a chiedere di certo. Però, se è nata come “regalo di compleanno”, che regalo di compleanno sia anche per i suoi ottant’anni prossimi venturi (ehm); è sempre un dono fatto con il cuore, come tutti i doni autenticamente inutili e improbabili. Tutto sommato, non penso che gli farebbe maggior piacere ricevere il classico maglione di lana, oppure il disco alla moda ed i cioccolatini. Poi, chiaro, c’è anche questa canzone che no, non si decide mai a cessare di essere attuale. Tutt’altro. Poiché siamo vicini all’ennesima “Giornata della Memoria” del 27 gennaio (la data in cui truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di Auschwitz-Birkenau, toh), potrà magari servire un po’ a non far sì che quella memoria scompaia, in un mondo che sta viaggiando diritto verso le sue cicliche e smemoratissime ripetizioni. L’augurio è anche questo, seppure con scarsissima speranza e con notevole realismo.
Nel frattempo, entro il 14 giugno, invito naturalmente chi volesse a inserire altre traduzioni: nella sua lingua, nel suo dialetto, in linguaggi informatici, in quello che vuole. Pagina ancora aperta dopo vent’anni, mentre la pagina dell’intolleranza, del razzismo e del nazismo non si chiude mai.
Riccardo Venturi, 2000-2020
Francesco Guccini non mi ha mai appassionato, a parte qualche canzone. Una di queste è Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) che ascoltai, la prima volta, nella versione dell’Equipe 84.
Sono trascorsi tanti anni, mi sto facendo vecchio e la Storia dell’umanità e’ sempre uguale a se stessa. Uno scempio ai danni dei miti, degli onesti, degli innocenti e della povera gente.