Antiwar Songs Blog

il Blog delle Canzoni contro la guerra

Browse: Page 12

Chi è felice di marciare in ranghi

By Antiwar Songs Staff on 31 Agosto 2014

Albert Einstein & Chloe

Questo argomento (la guerra) mi induce a parlare della peggiore fra le creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica; costui ha ricevuto solo per errore il cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente. Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il più rapidamente possibile. L’eroismo comandato, gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito nazionalista, come odio tutto questo! E quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole!

Sarei piuttosto disposto a farmi tagliare a pezzi che partecipare ad un’azione cosi miserabile. Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto la umanità da essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo scomparso se il buon senso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto, per mezzo della scuola e della stampa dagli speculatori del mondo politico e del mondo degli affari.

Albert Einstein

Posted in Citazioni | Tagged Albert Einstein, antimilitarismo, Marce militari

I condannati a morte

By Antiwar Songs Staff on 23 Agosto 2014

Sacco e Vanzetti

 

22 agosto 1927 – 22 agosto 2014: il nostro particolare “Here’s to you” a Sacco e Vanzetti nell’anniversario della loro macellazione da parte del potere capitalista americano, con la traduzione italiana di Riccardo Venturi della canzone svedese De dödsdömda di Jan Hammarlund (tratta da una poesia di Karin Boye), dedicata ai due anarchici italiani e interpretata (e registrata) da Jan Hammarlund stesso.

Presso il grande tribunale
dopo la sentenza a morte
stan parlando i condannati
col pensiero della corte

Disse allora l’uno all’altro:
Nessun sa quel che ci spetta,
forse questo è sol l’inizio
di un’impresa che ci aspetta.

Le tue guance sono bianche,
come braccio ardente e forte
vive son come la fiamma,
tempo ancora c’è alla morte

Sfavillanti, audaci e fieri
ce ne andiamo a fine d’onta,
sfavillante, audace e fiero
brilla l’animo e poi monta.

Per lo spazio vuoto e il gelo
trasportate con i venti,
dove il bosco è più secco
cadran due scintille ardenti,

Dove il bosco è più secco
cadran due scintille ardenti.

Così ci racconta Riccardo la storia della traduzione italiana:

Il 22 agosto 2014 si è svolto presso l’Istituto De Martino di Sesto Fiorentino, un importante evento durante il quale è stato proiettato il rarissimo e superstite filmato dei funerali di Sacco e Vanzetti (evento a cura dell’Ateneo Libertario di Firenze, del quale riparlerò nei prossimi giorni).

In margine, mi è tornato in mente che, nel febbraio del 2008, mi è capitato di tradurre in italiano questa canzone del cantautore svedese Jan Hammarlund tratta da una poesia di Karin Boye. La traduzione la facemmo in realtà assieme, dentro un bar latteria di Via degli Alfani a Firenze, provandola e riprovandola per una mattinata di fronte a degli esterrefatti avventori (il bar latteria si trovava tra l’altro a due passi dalla mia vecchia facoltà universitaria, dove durante dei lontani corsi di svedese avevo conosciuto Karin Boye molto prima che Kallocain venisse tradotto dall’Iperborea). Jan Hammarlund, che quella stessa notte, a casa mia, feci letteralmente scappare perché russo come una sega a nastro, la presentò in un piccolo concerto al CPA Firenze Sud, e poi la ha registrata e incisa in Svezia. Motivo per cui sono iscritto alla SIAE svedese, naturalmente senza aver mai visto mezza corona. Ma mi fa piacere lo stesso, e sia detto proprio oggi, anniversario dell’esecuzione di Sacco e Vanzetti. A modo mio, è stato il mio “Here’s to you” a Nicola e Bart.

 

Posted in Anniversari, Canzoni | Tagged Anarchia, Jan Hammarlund, Karin Boye, Sacco e Vanzetti

Gli angeli di Novi Sad e il maggio di Belgrado

By Antiwar Songs Staff on 18 Agosto 2014

I-Ponti-di-Novi-Sa

I Gang stanno preparando un nuovo disco, al momento inedito. Sul loro sito c’è un diario di bordo e la presentazione dei nuovi brani.

Tra le canzoni che faranno parte del nuovo disco, aspettiamo in particolare di poter ascoltare “Gli angeli di Novi Sad“. Partendo dalle riflessioni dei fratelli Severini, proviamo a ripercorrere un nodo cruciale per la definizione del Nuovo Ordine Mondiale in Europa: la guerra alla Serbia nella primavera del 1999.

Di solito una canzone non nasce seguendo una linea sola ma si comincia a camminare a cercare lungo una di esse poi si incontrano tante altre linee..magari ad un incrocio si pigliano altre strade poi si inciampa si scarta di lato. Più che una linea é un insieme di linee molto diverse, inconsuete, impreviste, che fanno una prospettiva…una canzone.

Ogni volta che passo per Pisa se ho un paio d’ore di tempo vado in piazza dei Miracoli..ma più che salire sulla Torre mi reco al cimitero monumentale per godere della visione del “Trionfo della Morte”. E’ uno spettacolo incredibile, un grande affresco che ogni volta mi trasmette una grande emozione.
Hermann Hesse nel suo “Dall’Italia” ne parla come di “un possente dipinto che ancora oggi è capace di immergere l’animo di chi lo osserva in ombre funeree e in lugubri pensieri”.
Il malinconico misticismo del medioevo al tramonto.

Gli angeli della canzone sono un po’ delle figure che potrebbero stare in quell’opera, sono mezzi demoni o almeno degli angeli che sono passati per l’Inferno…
Posso dire che quest’opera ha influenzato molto lo stato d’anima della canzone che vi sto raccontando.
Ho sempre avuto la sensazione che la guerra in Kosovo fosse stato il patto fondante della Nuova Europa, quella che conosciamo oggi, quella dopo il Muro per intenderci. Ebbene, in ogni atto fondativo si prende una vittima sacrificale e in questo caso la vittima è stato il popolo serbo. Il nemico, il mostro, colui che bisognava sacrificare al nuovo ordine d’Europa.
Il resto, le atrocità, l’orrore, è stato la conseguenza di chi ha voluto tutto ciò, l’ha provocato e poi è restato a guardare; l’Europa.

Per mettere ancora meglio a fuoco quella che è stata la guerra nella ex Jugoslavia e per non unirmi al coro “semplicistico” d’occidente contro le atrocità della guerra “etnica” e per non puntare il dito sulla vittima sacrificale e per Un senso di giustizia verso il popolo serbo, sono stati importanti due libri di Peter Handke “Un viaggio d’Inverno” e “Appendice ad un lungo viaggio d’inverno”.
Il primo, che porta come sottotitolo “giustizia per la Serbia”, è un viaggio della scrittura e della memoria. Contro le falsità e le semplificazioni dell’occidente e dei suoi mezzi di comunicazione, su una guerra atroce e per molti versi non ancora finita.
Il secondo è un percorso attraverso il dolore e il lutto in una realtà senza prospettive privata del presente e del futuro di quel senso della durata che è “la cosa più bella e più grande” che una generazione può lasciare in eredità a quella successiva.

Continue reading “Gli angeli di Novi Sad e il maggio di Belgrado”

Posted in Canzoni | Tagged Babsi Jones, Erri De Luca, Jugoslavia, Kosovo, Marco Rovelli, Peter Handke, Serbia, The Gang

Requiem per un nemico ignoto

By Antiwar Songs Staff on 14 Agosto 2014

Bufalino

Requiem per un nemico ignoto, una poesia, ed una delle più tremendamente belle, di Gesualdo Bufalino.

Finché non compì sessantuno anni, il riservato, appartato e coltissimo professore di Comiso in Sicilia, nulla s’era saputo di lui; su insistenza d’alcuni amici, tra i quali Leonardo Sciascia, pubblicò Diceria dell’untore e si ritrovò catapultato da un giorno all’altro tra i maggiori scrittori italiani del XX secolo.

Il discorso si rivolge a un ufficiale tedesco, moribondo dopo un attacco partigiano, portato per emergenza nella mia stanza d’ospedale

così spiega brevemente Bufalino sul suo volumetto di poesie di tutta una vita. La poesia fu scritta all’ospedale di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, nel febbraio del 1944.

Crivellato di buchi neri,
Leutnant Adolf Enne Enne
in questa stanza del malanno
ti faccio posto volentieri.

Al mio “Morior ergo sum”
declamato contro il muro
vieni ad aggiungere pure
il bisbiglio del tuo “Warum?”

Vieni, entra sul letto a rotelle;
fra la mia branda e la porta
ci sta anche la tua morte,
mio più infelice fratello.

Ma prima conoscimi almeno,
scambiamoci un ja con un sí,
Leutnant Rudolf Chissachí
da Chissadove sul Meno.

Bufalino non era né uno scrittore, né un poeta dal semplice linguaggio; scriveva in modo rarefatto, ricercato ma, al tempo stesso, pieno d’umanità popolare. Questa sua poesia scende nei recessi dell’essere umano nella sofferenza, e al cospetto della morte in temperie d’odio che è impossibile rifiutare e di violenza che s’insinua fin nelle fessure delle esistenze.

È un tempo sublime e vile
tal quale voi l’avete fatto;
non puoi che subirne il patto:
coltello contro fucile.

Tu ancora ieri, ricordi?
hai piantato con mani rosse
dieci croci su dieci fosse…
Non chiedere misericordia.

Che t’aspettavi da noi,
qui dove la tempesta
portasti e l’odio, alla testa
d’un turpe branco d’eroi?

Perfetta macchina di male
sei stato per noi, forestiero,
dall’orlo della visiera
alla punta degli stivali!

Ed ora, per ultimo rancio,
sia buona o cattiva guerra
ti tocca mangiarla, la terra
dove fiorisce l’arancio.

Gesualdo Bufalino non amava le diavolerie moderne; già quando gli era toccato abbandonare i dischi a 78 giri era sbottato in auguri d’andare all’inferno. Chissà come avrebbe reagito nel sapere che questa sua poesia, proprio grazie all’inserimento in una diavoleria autentica come un sito internet, sarebbe stata presa, musicata e cantata. Eppure è proprio quel che è successo: sono bastati pochi mesi dal 15 aprile 2014 affinché Marco Rovelli ve la trovasse, la prendesse e le desse una musica. L’ha presentata per la prima volta il 4 agosto scorso a Fosdinovo, al festival “Fino al Cuore della Rivolta”, tributando dal palco anche un omaggio a questa diavoleria di sito.

Ci piace pensare che la nostra diavoleria aiuti, in qualche caso come questo, la poesia a trovar musica e strumenti; e confidiamo che Gesualdo Bufalino emetta sì un brontolio, ma accompagnato da un sorriso.

Posted in Canzoni, Poesie | Tagged Gesualdo Bufalino, Marco Rovelli, Resistenza

Good Morning Robin

By Antiwar Songs Staff on 13 Agosto 2014

good morning vietnam

Da ieri il mondo deve fare a meno di Peter Pan, del professor Keating, di Brainard e del suo Flubber, di Mork e di tanti altri. E di Adrian Cronauer. Per una maledetta depressione e una maledetta cintura.

Così lo vorremmo ricordare, Robin Williams, con una delle più belle sequenze della storia del cinema.Con “What a Wonderful World” di Louis Armstrong, dedicata a dei ragazzi che andavano a morire. Good Mooooooorning Robin!

Posted in Canzoni, In ricordo | Tagged Louis Armstrong, Robin Williams, Vietnam

Mahurini, il panzone di Predappio

By Antiwar Songs Staff on 9 Agosto 2014

mahurini

Non molto tempo fa avevamo proposto una canzone, The Gold in Africa di Neville Marcano « The Tiger » proveniente da Trinidad e Tobago : un calypso composto all’epoca dell’aggressione fascista italiana all’Etiopia, rivolto espressamente contro Benito Mussolini.

Un’autentica particolarità che oggi ripetiamo spingendoci ancor più lontano : nell’antipodale Aotearoa, vale a dire il nome con cui il popolo Maori designa la propria terra, la Nuova Zelanda. Lo facciamo con Hitara waha huka, una canzone della più grande cantrice moderna Maori, Tuini Ngawai, che nel 1943 compose nella sua lingua questa waiata che derideva Hitler e Mussolini.

Bisogna a questo punto fare un piccolo inciso sulla lingua Maori, che ha una fonetica sconcertantemente semplice : ricchissima di vocali brevi e lunghe (che le danno il suo andamento particolarmente armonioso), possiede soltanto tredici consonanti. Consonanti comuni come la « s » e la « l » sono del tutto assenti dal Maori, che deve quindi sopperire come può ; indi per cui « Hitler » diventa « Hitara », e Mussolini « Mahurini ».

Detto questo, lasciamo campo libero a Tuini Ngawai e al modo in cui persino tra i Maori veniva irriso il panzone di Predappio ; la waiata fu eseguita per la prima volta nel 1943, proprio mentre agli antipodi « Mahurini » faceva ridurre l’Italia a un cumulo di macerie e di morti, da un coro di bambini a Ngati Porou.

 

Hitler, schiumando dalla bocca, quel maiale,
continua a combattere e non la smette,
è caduto e ricaduto in Russia !
Gli hanno dato una ripassata, hey ! Aue, aue, aue !

Tirala su a destra, tirala su a sinistra
la lama della tua mannaia sulla sua testa!
Su, forza, figliolo, rompi la mascella
a quello stronzo finocchio di Hitler!

Mussolini ha sentito che è vicinissimo
a Roma, il battaglione Maori!
Su, forza, sbrighiamoci! Non può scappare,
gli sta tremando il culo dalla paura!

Sarà bene non stupirsi né “scandalizzarsi” troppo per il linguaggio della waiata: si tratta di una delle canzoni che Tuini Ngawai componeva per il Maori Battalion che combatteva (e moriva) anche in Italia. Una “canzone nella guerra”, tipicamente

Posted in Canzoni | Tagged Hitler, Maori, Mussolini, Nuova Zelanda

Per la Memoria: Laura, Estela, Guido

By Antiwar Songs Staff on 8 Agosto 2014

Laura

“L’ultima lettera arrivo il sedici novembre del 1977. Poi più nulla. Dopo qualche tempo venimmo a sapere che in una pasticceria di Buenos Aires era stata sequestrata una ragazza, le cui caratteristiche fisiche corrispondevano a quelle di nostra figlia. Quando era entrata la patota, lei stava bevendo un caffè in compagnia di un giovane. Lui tentò la fuga, gettandosi contro la vetrata del locale ma si ferì e lo catturarono. Si chiamava Chiquito. Così almeno lo chiamava Laura. Noi non abbiamo mai saputo il suo nome e neppure lo abbiamo mai visto. Sappiamo solo che si amavano, e che quando li sequestrarono, Laurita era incinta di due mesi. Finirono nello stesso campo clandestino di La Chaca, ma poi questo lo scoprimmo anni dopo. Fucilarono Chiquito dopo tre mesi di torture. Tennero Laura in vita solo perché era incinta, per rubarle e vendere il suo bambino.

[…]

In aprile una signora visibilmente terrorizzata avvicinò mio marito. “Ho un messaggio di sua figlia” sussurrò.
Raccontò di essere stata sequestrata per venti giorni e poi liberata. La patota cercava un suo nipote e tanto per non tornare a mani vuote l’avevano legata e incappucciata. Al campo (che non era riuscita a localizzare) aveva conosciuto Laura. Era viva e al sesto mese di gravidanza. Le avevano dato un materasso e le passavano un po’ più di cibo. Ci mandava a dire di non preoccuparci, che il bambino sarebbe nato a luglio e che, se fosse stato un maschietto, l’avrebbe chiamato Guido.

[…]

Il pomeriggio del venticinque agosto aprii la porta di casa a un poliziotto che ci notificò un ordine di comparizione immediato al commissariato di San Isidro Casanova per “ricevere importanti comunicazioni”.
Chiamai mio marito e mio fratello. Arrivammo alla stazione di polizia verso le otto e mezza di sera. Era ancora inverno ma non sentii più il freddo quando incontrai gli occhi della guardia al cancello. Avevo capito. Lungo il tragitto le ipotesi si erano accavallate nella mia mente: ci avevano chiamati per informarci del trasferimento di Laurita all’autorità legale o per affidarci il bambino… o per dirci che l’avevano ammazzata.
Il commissario ci ricevette freddamente, ci mostrò la carta d’identità di Laura e ci domandò se si trattava di nostra figlia.
“Siamo i genitori” rispose Guido.
“Alle una e quaranta di questa mattina” ci informò in tono piatto, “sua figlia è rimasta uccisa nel corso di un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza sulla strada nazionale numero tre. Insieme a un altro sovversivo ha tentato di sfondare un posto di blocco a bordo di un’automobile rubata…”.
“L’avete ammazzata, canaglie, assassini, criminali” urlai interrompendolo, ” era sequestrata da nove mesi. Come faceva ad andarsene in giro in automobile?”. Poi, pensai al piccolo Guido: “E il bambino, dov’è?” domandai disperata.
“Quale bambino?” mi sfotté il poliziotto, alzandosi. “Seguitemi” ordinò, “dovete riconoscere il corpo”.
Laurita era buttata sul cassone di un furgoncino, seminuda, accanto al cadavere del giovane assassinato insieme a lei. Mio marito e mio fratello si avvicinarono per primi… Poi si voltarono e mi sbarrarono il passo.
“Non la devi vedere” disse Guido, “ricordala com’era da viva. Se la vedi adesso, te vas a volver loca, diventi pazza”.
Seppi poi che a Laurita mancava metà della faccia, spazzata via da un colpo di fucile a pallettoni. Un’altra scarica le aveva devastato il ventre, certo per nascondere le tracce della recente maternità.

[…]

Nel 1980 mi recai in Brasile con una delegazione di Nonne per tentare, inutilmente, di far conoscere al Papa la nostra tragedia. A San Paolo incontrammo un gruppo di esiliati; tra loro c’erano alcuni sopravvissuti ai campi clandestini. Come sempre domandammo notizie dei nostri figli e nipoti.
“Nel campo di La Cacha c’era una ragazza incinta il cui nome di battaglia era Rita” ci informò una ragazza. “Era di La Plata e il padre era proprietario di una fabbrica di vernici. Venne trasferita all’Hospital militar per partorire. Guido, il bambino, nacque, mi sembra, il ventisei giugno e lei venne liberata la notte del ventiquattro agosto”.
Diventai un pezzo di ghiaccio. Rita era il nome montonero di mia figlia. Con le mani tremanti tirai fuori dalla borsa una sua foto e la mostrai alla testimone.
“E’ proprio lei” la riconobbe sorridendo.
Le raccontai che era stata assassinata e lei scosse la testa, incredula.

[…]

Io spero ancora di trovare Guido e riportarlo a casa”.

da Le Irregolari, Massimo Carlotto, Edizioni e/o

Le Abuelas de plaza de Mayo hanno incontrato il loro nipote emotivamente più importante: Estela de Carlotto, la loro presidente, ha potuto finalmente identificare, dopo oltre trent’anni di ricerche e di incertezze, il figlio di Laura, sua figlia desaparecida. Attualmente si chiama Ignacio Hurban, è un giovane uomo di 35 anni, sposato, che solo da poco ha saputo la sua vera storia; è pianista e compositore.

http://www.antiwarsongs.org/img/upl/hurban_1.jpg

Ignacio Hurban nipote ritovato di Estrela de Carlotto

Ignacio, ancora prima di scoprire la sua vera identità, aveva scritto una canzone dedicata alle Abuelas de plaza de Mayo. Si  chiama Para la Memoria.

Posted in Canzoni | Tagged Argentina, Desaparecidos, Guido Carlotto, Ignacio Hurban

Agosto

By Antiwar Songs Staff on 4 Agosto 2014

Italicus

Ricorre oggi il quarantesimo anniversario della strage del treno Italicus. Forse fra le tante stragi è quella meno ricordata; gli imputati sono stati tutti assolti e non c’è un colpevole, anche se sicuramente la strage fu compiuta da neofascisti.

La strage dell’Italicus non sembra avere grande eco nella canzone politica e d’autore italiana. Dopo Piazza Fontana e con il progredire della strategia della tensione e del terrorismo dello stato italiano, la canzone sembra prendere altre strade. Ma esiste  in questo caso un’importantissima eccezione, vale a dire la canzone “Agosto” di Claudio Lolli, tratta dall’album “Ho visto anche degli zingari felici” (del 1976).

Agosto. Improvviso si sente
un odore di brace.
Qualcosa che brucia nel sangue
e non ti lascia in pace,
un pugno di rabbia che ha il suono tremendo
di un vecchio boato:
qualcosa che urla, che esplode,
qualcosa che crolla,
un treno è saltato.

Una canzone terribile. Una canzone quasi rimossa. Non sappiamo se Lolli ancora la esegua durante i suoi concerti. Una canzone dalle parole dure e lucide. Una canzone dove si dicono esattamente le parole che tutti sanno, ma che vengono ancora tenute mascherate, insabbiate, coperte. Una canzone che tutti dovrebbero conoscere.

Agosto. Che caldo, che fumo,
che odore di brace.
Non ci vuole molto a capire
che è stata una strage,
non ci vuole molto a capire che niente,
niente è cambiato
da quel quarto piano in questura,
da quella finestra
Un treno è saltato.

 

Un'altra bomba fascista

La notte del 4 agosto 1974 una bomba esplode nella vettura numero 5 dell’espresso Roma-Brennero. I morti sono 12 e i feriti circa 50, ma una strage spaventosa è stata evitata per questione di secondi: se la bomba fosse esplosa nella galleria che porta a San Benedetto Val di Sambro i morti sarebbero stati centinaia. Racconta un testimone della strage: «Il vagone dilaniato dall’esplosione sembra friggere, gli spruzzi degli schiumogeni vi rimbalzano su. Su tutta la zona aleggia l’odore dolciastro e nauseabondo della morte». I due agenti di polizia che hanno assistito alla sciagura raccontano: «Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c’era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti. Dentro doveva già esserci una temperatura da forno crematorio. ‘Mettetevi in salvo’, abbiamo gridato, senza renderci conto che si trattava di un suggerimento ridicolo data la situazione. Qualcuno si è buttato dal finestrino con gli abiti in fiamme. Sembravano torce. Ritto al centro della vettura un ferroviere, la pelle nera cosparsa di orribili macchie rosse, cercava di spostare qualcosa. Sotto doveva esserci una persona impigliata. ‘Vieni via da lì’, gli abbiamo gridato, ma proprio in quel momento una vampata lo ha investito facendolo cadere accartocciato al suolo».

I neofascisti non nascondono di essere gli esecutori. Un volantino di Ordine nero proclama: «Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti». Gli investigatori brancolano nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra, Aurelio Fianchini, evade dal carcere di Arezzo e fa arrivare alla stampa questa rivelazione: «La bomba è stata messa sul treno dal gruppo eversivo di Mario Tuti che ha ricevuto ordini dal Fronte nazionale rivoluzionario e da Ordine nero. Materialmente hanno agito Piero Malentacchi, che ha piazzato l’esplosivo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, Luciano Franci, che gli ha fatto da palo, e la donna di quest’ultimo, Margherita Luddi».

Eppure la polizia era informata da tempo che Mario Tuti era un sovversivo e una donna aveva addirittura dichiarato a un giudice che l’autore della strage era proprio lui. Risultato: la denuncia archiviata e la donna mandata in casa di cura come mitomane. Il giudice che aveva raccolto e insabbiato la dichiarazione si chiamava Mario Marsili ed era il genero di Licio Gelli, il gran venerabile della loggia massonica P2.

[…] All’inizio del ’75 viene emesso un mandato di cattura contro Mario Tuti, che però riesce a sfuggire all’arresto. Aspetta che i tre carabinieri andati per arrestano suonino alla porta e poi spara loro addosso uccidendone due e ferendo il terzo. L’uomo riesce ad espatriare, prima ad Ajaccio e poi sulla Costa azzurra. La polizia francese lo rintraccia a Saint-Raphaël, dove ha luogo di nuovo uno scontro cruento, al termine del quale il terrorista viene arrestato. Al processo terrà un contegno sprezzante. Anni dopo, nel 1987, sarà lui a capeggiare una rivolta nel carcere di Porto Azzurro che terrà l’Italia con il fiato sospeso per alcuni giorni.

Piazza Maggiore, 9 agosto 1974

Dallo stesso disco di Claudio Lolli, un’altra canzone: Piazza bella piazza. Uno dei momenti più alti e drammatici di quel disco incredibile e coraggioso.
Una delle scene più indimenticabili di tutta una vita. Dieci bare in fila sul sagrato della chiesa. E davanti, fermi, immobili nei loro completi scuri, impenetrabili, il sindaco di Bologna, il presidente della repubblica Giovanni Leone, il segretario della DC Amintore Fanfani, tanti ufficiali, politicanti. Dietro di loro tutta una città riunita, raccolta, ostile. Dapprima ondeggiante di sdegno, poi rumorosa di fischi, grida, ululati. Che si trattiene a stento dal trascendere. Dal travolgere le istituzioni presenti.

Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza…

Ci passarono dieci morti
i tacchi, e i legni degli ufficiali,
teste calve, politicanti
un metro e mezzo senza le ali,
ci passai con la barba lunga
per coprire le mie vergogne,
ci passai con i pugni in tasca
senza sassi per le carogne.

Il 27 febbraio 2003 Mario Tuti, in carcere ormai da oltre vent’anni, concede un’intervista al “Corriere della Sera”. Condannato a due ergastoli per gli omicidi dei due carabinieri che avevano tentato di arrestralo nel ’75, e di Ermanno Buzzi, nel 1992 è stato assolto definitivamente da tutte le imputazioni per la strage dell’Italicus. Riportiamo un breve ed interessante stralcio dall’intervista.

“LIVORNO – Mario Tuti, l’ex terrorista nero condannato a due ergastoli per tre omicidi (due giovani carabinieri ammazzati a sangue freddo e un detenuto strangolato in cella), da martedì è fuori dal carcere. Trenta ore di permesso, divise in tre giorni. Il 28 dicembre era uscito per la prima volta dopo 27 anni, per 4 ore. Ieri nella sede dell’Arci di Livorno ha presentato un Cd-rom multimediale, da lui realizzato, sul Museo Fattori. Oggi incontrerà la figlia, che non l’ha mai visto prima. Ha 56 anni, non si è mai pentito né dissociato. Ha scritto un saggio per il libro di imminente pubblicazione “La Bibbia dei non credenti”, al quale hanno collaborato Massimo Cacciari, Luciano Violante e Francesco Guccini. Un anno fa è stato protagonista in carcere di uno spettacolo sul Vangelo. Dice di essere un altro uomo, di odiare la violenza, di temerla quasi.”

La cronaca è tratta da “Gli anni del terrorismo” di Giorgio Bocca. Il commento a “Piazza bella piazza” è di Jonathan Gustini, da: Claudio Lolli, la terra la luna e l’abbondanza

 

Posted in Anniversari, Canzoni | Tagged Claudio Lolli, Strage dell'Italicus, Stragi di stato | 1 Response

« PreviousNext »

Visita il sito

Il blog di Canzoni contro la guerra. Visita il sito per le ultime novità e per inviare nuove canzoni o commenti.

Canzoni contro la guerra

Pages

Categorie

  • Album
  • Anniversari
  • Appelli
  • Articoli
  • Artisti
  • Canzoni
  • CCG Fondamentali
  • Citazioni
  • Classica
  • General
  • In ricordo
  • Infrastruttura Web
  • Media
  • Percorsi
  • Poesie

Tags

11 settembre 2001 A/I Alberto Savinio Alessio Lega Amore Anarchia Andrea Buffa antifascismo antimilitarismo Argentina Beatles Berlino Est Bertrand Cantat Bob Dylan Boris Vian Bretagna Bruce Springsteen Carlo Levi Catalogna Caterina Bueno Chiara Riondino Cile Claudio Lolli Davide Giromini Dialetti disertori Eduardo Galeano Erotismo Erri De Luca Etiopia Fabrizio De André Federico Garcia Lorca femminicidio Francesco Guccini Frank Zappa galere Gian Piero Testa Ginevra Di Marco Giovanna Marini Grande Guerra Grecia Guerra civile spagnola Guerra d'Abissinia Hip-Hop Hitler Inni Intervista Iraq Jimi Hendrix Joe Strummer John Lennon José Afonso Jugoslavia Killah P Kobanê Kurdistan Lampedusa Leon Gieco Libertà libertà di espressione Libri Lou Reed Luca Rapisarda Marce militari Marco Rovelli Marco Valdo M.I. Mauro Pagani Mercedes Sosa Mussolini New York Nikos Xylouris No TAV Obama Palestina Parlano di noi Pete Seeger Piemonte Politecnico 1973 Polonia Primavera di Praga razzismo Repressione poliziesca Resistenza Robin Williams Rocco Rosignoli Rodolfo Graziani Sacco e Vanzetti Shoah Sicilia Siria Spagna Sudafrica Susanna Parigi The Gang The Velvet Underground Vietnam Violeta Parra Woody Guthrie Yiddish Zabranjeno Pušenje

Commenti recenti

  • Riccardo Venturi su Le vie dei canti
  • Fulvia Ercoli su Perché un blog
  • sergio falcone su Vent’anni dopo. La pagina di Auschwitz cambia pelle
  • L'Anonimo Toscano del XXI Secolo su Dove nascono le CCG
  • Luca Monducci su Dove nascono le CCG

Cerca

Archivio

  • Marzo 2025
  • Marzo 2024
  • Dicembre 2023
  • Marzo 2023
  • Febbraio 2023
  • Agosto 2022
  • Novembre 2021
  • Maggio 2021
  • Marzo 2021
  • Febbraio 2021

RSS Ultime canzoni pubblicate sul sito

  • Angelita Huenumán
  • Sorriso nucleare
  • Land Grabbing Blues
  • Lamento in morte di Garcia Lorca
  • Il matto
  • Millemila
  • Elfia Przysięga
  • Merci pour tout
  • I Got Shoes
  • La notte dei cristalli

Sostieni A/I

Autistici/Inventati

Sostieni Autistici/Inventati

Una piccola donazione può fare la differenza!

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Feed dei contenuti
  • Feed dei commenti
  • WordPress.org

Copyleft © 2025 Antiwar Songs Blog.

Powered by WordPress, Hybrid, and Hybrid News.