Il nome della band, Zabranjeno Pušenje, significa “Vietato Fumare” ma era naturalmente ironico perché, da buoni bosniaci, fumavano come turchi… Dopo la guerra in Bosnia il gruppo si è diviso in due. Una parte si è trasferita a Belgrado e si è unita al regista Emir Kusturica (che aveva occasionalmente suonato il basso con la band originale) per formare la “No Smoking Orchestra”, un gruppo in stile Bregović che ha fatto storcere il naso ai fan della prim’ora. Gli altri sono rimasti fedeli al sound rock originale e nel 1999 pubblicano questa canzone intitolata Yugo 45.
Dicono che sono la meraviglia del mondo le piramidi africane
Dicono che sono la meraviglia del mondo i grandi fiumi indiani
Ma nessuna meraviglia era grande come
quando papà ha parcheggiato la Yugo 45 nel cortile
Si è raccolto tutto il vicinato e metà parentado
L’altra metà non poteva, non poteva dal disgusto
La mamma ha preparato qualcosa da masticare, ha cotto un po’ di hurmašice
Papà è andato al Granap a prendere altra robaQuelli erano bei tempi
Tutto a credito, tutto in fiducia, che roba…
Versa un po’ di brodo in macchina, e via a Trieste a prendere i jeans
Quelli erano bei tempi
un po’ a fare picnic, un po’ al mare
In casa tante risate
E in cortile la Yugo 45
La “Yugo 45” era un modello di successo della Zastava, al pari della Zastava 750 “Fića”, la famosa copia della Fiat 600. Era insomma uno dei simboli più famosi della Jugoslavia, e rappresenta quindi in questa canzone tutto un periodo, quello appunto dei migliori anni della vecchia Jugoslavia.
La canzone è pregna di significato, perché in maniera non palese (e quindi intelligente ed efficace) ricorda uno stile di vita e fatti quotidiani che accomunavano tutti gli jugoslavi, quindi quella cultura jugoslava che è effettivamente esistita, e che legava nelle esperienze serbi, croati e bosniaci.
Nella prima strofa, quando i vicini si raccolgono a casa del protagonista per vedere la nuova macchina, la madre prepara da mangiare per tutti (l’ospitalità era e resta molto importante nei Balcani): prepara delle hurmašice, che sono tipici dolcetti da forno bosniaci, biscotti inzuppati in un denso e dolcissimo sciroppo di acqua e zucchero (sono dolci che come la baklava derivano dalla tradizione turca e orientale). L’altra spiegazione d’obbligo riguarda il termine “granap”: i granap (GRAdsko NAbavno Preduzeće – Ditta Fornitrice Cittadina), erano negozi collettivi istituiti nel dopoguerra nei quali si comprava di tutto, ma con gli anni si sono divisi e confluiti in altre realtà, scomparendo, ma rimanendo di fatto nel gergo quotidiano: “andare al granap” significava semplicemente andare a fare la spesa quotidiana spiccia, insomma mandare i figli piccoli a comprare pane e latte.
Nella seconda strofa si accentua il fattore del benessere economico, e della possibilità di viaggiare oltre confine liberamente (la Jugoslavia era l’unico paese dell’Est che permetteva il libero transito). Era prassi comune quella di oltrepassare il confine per fare shopping in Italia, soprattutto in vestiti e accessori: dal punto di vista dei consumi e della moda la Jugoslavia era un paese occidentale.
Nella terza strofa i nomi Franjo, Momo, Mirso non sono scelti a caso: rispettivamente sono nomi tipici croato, serbo e bosniaco (il fatto che Mirso sia lo zio indica che il cantante è bosgnacco, ossia bosniaco mussulmano). Il fatto che tutti e tre questi personaggi guidassero la stessa macchina indifferentemente è significativo.
Il video stesso di questa canzone, che segue passo passo la storia narrata, è molto eloquente: dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90, attraverso la tv ripercorre le vicende che hanno segnato la Jugoslavia. C’è una vena ironica, come quando il padre del cantante viene invitato a Brioni (residenza estiva di Tito) dalla moglie del Maresciallo, Jovanka, per suonare, e nell’accentuare pose e caricature dello jugoslavo medio (nei gesti, nei vestiti di una borghesia benestante, ma fondamentalmente molto comunitaria e bonacciona). L’inquadratura finale su una discarica di macchine è molto eloquente: è dove, insieme a una Yugo 45, è finito tutto quanto un paese.
Siamo scappati via una mattina con giusto due sacchetti di plastica
Attraverso via Lenin e poi giù per Via Lubiana
Oggi va molto meglio, nuova città e nuovo appartamento
Papà è diventato un pezzo grosso, un ministro cantonale
Ma io ho in testa sempre quella stessa immagine, lo stesso flash
Vecchia casa, vecchio cortile, e lì dentro la Yugo 45
Ma quella stessa immagine ancora resta, lo stesso flash
Vecchia casa, vecchio cortile, e lì dentro la Yugo 45
Introduzione alla canzone a cura del nostro amico e collaboratore Filip Stefanović
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