Chaim, un ragazzo un ragazzo di 14 anni rinchiuso nel campo di sterminio di Pustków scrive una lettera ai genitori. Chaim lancia la lettera, scritta in yiddish, oltre il filo spinato del campo; fortunosamente viene raccolta e conservata fino alla liberazione. Chaim fu ucciso nel 1944. La lettera viene raccolta nel volume “Lettere dei condannati a morte della Resistenza Europea”. La trova Ivan dela Mea e la trasforma una toccante canzone, forse una delle più belle dedicate alla Shoah in lingua italiana. Era il 1965, solo un anno prima Francesco Guccini aveva scritto “La canzone del bambino nel vento” (Auschwitz).
Se il cielo fosse bianco di carta
e tutti i mari neri d’inchiostro
non saprei dire a voi, miei cari,
quanta tristezza ho in fondo al cuore,
qual è il pianto, qual è il dolore
intorno a me.
“Se il cielo fosse bianco di carta…” è un’espressione derivante dal Talmud. In ebraico, il nome Chaìm significa “vita”[חיים].
Recentemente la canzone è stata riproposta dal gruppo goriziano ‘Zuf de Žur.
Senza nulla togliere né alla testimonianza che esprime né tantomeno alla canzone che ne è stata tratta, bisogna dire che l’autenticità della lettera di Chaim è stata messa da alcuni in dubbio. E’ un problema che sembra investire tutte le famose “Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea”; Clemente Galligani, però, nel suo approfondito studio L’Europa e il mondo nella tormenta. Guerra, nazifascismo, collaborazionismo, resistenza (Armando Editore) tende a considerarla “spontanea e autentica”.
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