Una canzone satirica, probabilmente una delle più famose in assoluto in lingua tedesca: An allem sind die Juden schuld (“È tutta colpa degli ebrei”). Non soltanto famosa, ma anche decisamente particolare sotto ogni suo aspetto; a cominciare dal suo autore, Friedrich Hollaender (1896-1976). Non capita spesso che chi è noto (e lo è rimasto) per essere un musicista di valore venga ricordato per aver scritto il testo di una canzone la cui musica è ripresa in realtà da un’opera lirica, nella fattispecie la Carmen di Georges Bizet; ma è il caso proprio di questa canzone, che Hollaender inserì nella rivista musicale Spuk in der Villa Stern (“Fantasmi a Villa Stern”), rappresentata per la prima volta al cabaret che gestiva a Berlino, il Tingel-Tangel-Theater, nel settembre del 1931 (la canzone fu eseguita per la prima volta da Annemarie Haase).
Friedrich Hollaender era nato a Londra da genitori ebrei tedeschi, ed apparteneva ad una famiglia di musicisti; ma musicisti parecchio “sui generis”. Il padre, Victor Hollaender, era direttore dell’orchestra del famoso circo Barnum; lo zio, Gustav Hollaender, era invece direttore del Conservatorio Stern di Berlino. Tornato in Germania all’età di tre anni, Friedrich Hollaender divenne anch’esso un musicista, e raggiunge la notorietà internazionale componendo, nel 1930, la colonna sonora di uno dei film più famosi della storia, L’angelo azzurro di Josef von Sternberg, con le sue canzoni cantate da Marlene Dietrich. Il film che è il simbolo stesso della Repubblica di Weimar, interpretato da una fiera antinazista e musicato da un ebreo (il protagonista maschile nonché primo premio Oscar della storia, Emil Jannings, flirtò invece poi col nazismo). 1930, 1931: gli ultimi anni di Weimar, l’irripetibile e liberissima atmosfera di quella Germania che stava scivolando a gran passi verso il baratro a passo di danza e nei fumi dei cabaret. In quanto ebreo, Friedrich Hollaender stava vivendo sulla propria pelle quell’atmosfera dove Hitler si accingeva a prendere il potere con il preciso intento di spazzare via la “corrotta e infernale” Repubblica di Weimar. L’antisemitismo tedesco, del resto, marciava a pieno regime, e l’interesse storico di questa canzone satirica risiede anche e soprattutto nel suo valore di testimonianza in un periodo in cui, in Germania, era comunque ancora permesso esprimersi liberamente da parte degli ebrei che vedevano montare la marea inarrestabile.
Hollaender scrisse quindi questa canzone usando un’arma particolarmente invisa ai nazisti e agli antisemiti tedeschi tutti: quella del ridicolo. Scelse, caricaturandola, una musica famosissima (quella della Carmen di Bizet, ed in particolare la sua aria più conosciuta, la Habanera), impiantandovi sopra un testo dove l’immagine antisemita dell’ebreo, considerato come alla base di ogni male, malvagità e disgrazia del mondo, è messa alla berlina mediante ogni sorta di esagerazione e elevando così all’assurdo le più tipiche argomentazioni antisemite. Gli antisemiti, e non soltanto i militanti nazisti, davano la “colpa agli ebrei” per ogni cosa, senza addurre ragioni o giustificando il tutto con argomenti impossibili da provare fino ad arrivare alla semplice colpa tautologica: “è tutta colpa degli ebrei perché è colpa loro”.
Se il telefono è occupato,
Se la vasca da bagno perde,
Se ti sbagliano la dichiarazione dei redditi,
Se il würstel sa di sapone,
Se la domenica manca il pane,
Se il Principe di Galles è un finocchio,
Se la notte cigolano i mobili,
Se il tuo cane se ne sta lì impalato:È tutta colpa degli ebrei!
Degli ebrei è tutta la colpa!
Come? Come mai è tutta colpa loro?
Baby, non capisci, è colpa loro!
Ma in culo ci vada lei! È tutta colpa loro!
È proprio tutta, ma tutta colpa degli ebrei!
Se non ci credi, ti dico che è colpa loro,
È proprio tutta, ma tutta colpa degli ebrei!
Cazzo!
Agli inizi degli anni ’30, del resto, nelle sue riviste musicali Hollaender ci andava giù duro; nella stessa rivista satirica Fantasmi a Villa Stern, della quale questa canzone fa parte, fa dire ad esempio al Fantasma stesso, al momento della sua apparizione: Huhu! Tutù! Sono un piccolo Hitler e mordo senza preavviso! Vi metterò tutti in quel dannato sacco! Huhu! Hihi! Haha! Baubau! Al Barone di Münchhausen, che pure compare tra i personaggi, Hollaender fa dire: Bugie! Bugie! Bugie! Bugie! Bugie! Tutto quel che l’uomo ha visto, sono bugie; però le racconta talmente bene!, e così via. La canzone consta invece di strofe contenenti, in staccato, tutte le principali accuse contro i “giudei”, colpevoli, ad esempio, di tutte le catastrofi mondiali (la guerra mondiale, la rivoluzione russa del ’17 e la crisi economica del dopoguerra). Da queste accuse, che venivano formulate autenticamente e quotidianamente, si passa a quelle totalmente ridicole che formano, inutile dirlo, la vera forza dirompente della canzone. E’ colpa degli ebrei, ad esempio, che Greta Garbo abbia un dente cariato, oppure che la neve sia “terribilmente bianca e, per giunta, fredda”, oppure che il fuoco bruci, che gli alberi stiano nel bosco o che una cipolla non sia una rosa. Si capisce così che accuse del genere non hanno certamente minor fondamento di quelle più “serie”, come del resto avviene oggigiorno (“gli immigrati rubano il lavoro agli italiani”, “gli zingari rapiscono i bambini”, “i rumeni stuprano le donne perché è nella loro cultura”). La canzone, quindi, è un perfetto simbolo della stupidità universale di massa, principale brodo di coltura di tutti i fascismi, i razzismi e quant’altro.
La canzone fa parte di quella dozzina scarsa, tra quelle pubblicate tra il 1930 e il 1936, dove viene menzionata l’omosessualità; in una delle strofe, è quindi colpa degli ebrei se il Principe di Galles è un “finocchio” (uso qui il termine politicamente scorretto traducendo alla lettera il tedesco “schwul”). Hollaender si riferiva a Edoardo VIII d’Inghilterra, di cui era nota l’omosessualità già dal 1926 quando se ne era occupata la rivista tedesca Freundschaftblatt (“Rivista dell’Amicizia”). La cosa assolutamente da notare è che la rivista in questione era una rivista gay: nella Germania di Weimar la pubblicazione era libera. Va da sé che la canzone di Hollaender divenne un successo clamoroso, nonché una sorta di inno antinazista in un momento in cui, con le elezioni del ’30, l’insignificante partitino di Hitler era diventato la seconda forza del Parlamento. La canzone fu affidata a Annemarie Haase, anch’essa di origine ebrea, la quale, data la melodia, in funzione ancor più satirica la interpretò con un finto accento “spagnoleggiante”. Pur essendo ovviamente il testo di Hollaender totalmente diverso dal libretto della Carmen, la relazione tra i due testi è più stretta di quel che sembra: nel testo dell’aria lirica, infatti, si afferma che “tutto l’amore proviene dai gitani”, mentre nella canzone tutto il male proviene dagli ebrei.
Secondo il musicologo Dietmar Klenke, la canzone di Hollaender è un perfetto esempio del meccanismo della cosiddetta “proiezione del capro espiatorio”; parlando dell’effetto che fece la satira di Hollaender, lo stesso Klenke afferma che “i contemporanei, durante l’epoca di Weimar, associavano la melodia al mondo dei gitani con un testo in cui una giovane gitana si esprime in modo amorale sul tema della sessualità. Mettendo la canzone in bocca a un nazista, il compositore lo ridicolizza agli occhi dei contemporanei colti. La melodia inappropriata aiuta a considerare le opinioni naziste come immature e infondate. La forza provocatoria della canzone può essere ancor meglio compresa tenendo conto del clima di scontro e ostilità tra le varie componenti durante la Grande Depressione”. [RV]
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