Con questo testo, che non sappiamo se chiamare una canzone, un’orazione o qualcosa che va oltre, “Canzoni Contro la Guerra / Antiwar Songs” raggiunge quota ventimila. Lo fa con una cosa del tutto nuova, che mai si era verificata prima: un testo originale. Lo abbiamo ricevuto da una persona che desidera restare anonima e che lo ha scritto in lingua Yiddish fornendoci anche la trascrizione e la traduzione italiana.
Così ci ha brevemente scritto: “Seguo questo sito fin quasi dai suoi inizi, e vi invio questa cosa che ho scritto in una lingua che non è la mia, ma che è sedimentata durante lunghi anni di studio e di comunanza. So che il sito si avvicina ad un traguardo importante, e ho quindi immaginato di dare la parola a chi ha vissuto ed è stato sterminato nei ghetti europei durante il Nazismo e la guerra, e di dargliela in quella che era la lingua che parlava. Potrà forse apparire una provocazione, e lo è senz’altro poiché, in questa lingua, le vittime di allora si affratellano con quelle di oggi, coi ghetti a loro volta istituiti dai sopravvissuti.
Fa impressione, o almeno dovrebbe farla, che persone scampate all’orrore nazista abbiano desiderato ricreare il ghetto nei confronti di altri esseri umani. Ovunque si vada a parare, questa è la semplice e dura realtà, e non c’è tanto da girarci intorno o da fare orrende acrobazie. Gaza è un ghetto come lo è stato Varsavia. A Gaza è riservato lo stesso destino. Per questo ho voluto unire e affratellare Varsavia e Gaza. Orrore è fratello solo di altro orrore, muro di altro muro. Questo è il significato di ciò che ho scritto.”
Non resta molto altro da aggiungere a quanto detto dall’anonimo contributore. Siamo convinti che possa contribuire a fare un po’ piazza pulita anche delle ipocrite e ridicole accuse di “antisemitismo” rivolte contro chiunque non sottostia ai ricatti planetari di chi si serve della Shoah, che in questo sito è tutt’altro che “negata”, per riprodurre ghetti, sterminio e morte. Il ghetto di Gaza sta là a confermarlo.
Noi che abbiamo vissuto
e siamo morti nei ghetti
tra fame e miseria,
non sprechiamo la parola
“fratelli”.Perché siamo e vogliamo
essere fratelli soltanto
di chi ha sofferto e soffre
come noi.Noi che abbiamo veduto
chiudersi i cancelli
del tempo e della memoria
di fronte a un lavoro
che rende soltanto schiavi
disumani stracci nelle mani
degli aguzziniNoi che abbiamo vissuto
e siamo morti nei ghetti
noi che siamo andati
a una morte nera e chiusa,
no.
Non possiamo sprecare
la parola “fratelli”.
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