Un commento del nostro Marco Valdo M.I. a Varsavia di Pierangelo Bertoli
Mentre è notte a Varsavia piove forte
lampi e tuoni che spaccano il cielo
che è più nero del velo che copre la morte
a Varsavia hanno chiuso le porte
dentro casa qualcuno sta piangendo
qualcun altro vorrebbe far l’amore
come posso tesoro tenerti sul cuore
se stanotte a Varsavia si muore
Ti ricordi, Marco Valdo M.I. amico mio, che avevamo promesso a Lorenzo un piccolo dialogo a proposito della canzone “Varsavia” che di recente hai tradotto e sulla quale avevi fatto qualche riflessione in privato? Dicevi se non erro che ti ci voleva del tempo per mettere un po’ d’ordine in queste riflessioni…
Certo che me ne ricordo bene e se non fossi stato così stanco l’avrei fatto la sera stessa. anzi m’accorgo ora che Lorenzo s’è già fatto sfuggire qualcosa… Comunque per inquadrare meglio il commento, ti dirò che tutto è partito dalla traduzione. Come non manco mai di precisare – e non è una precisazione inutile – la mia non è una traduzione, ma una versione. Prendo sempre questa precauzione per evitare certe curve difficili e per cercare anche di dare una dimensione poetica nella lingua d’arrivo, in questo caso il francese. In qualche modo, si tratta di ri-creare il testo originale. Quindi, preparando la versione francese di “Varsavia”, mi sono sforzato di capire bene di cosa parlasse la canzone.
Di Varsavia, presumo, disse Lucien l’asino.
Evidentemente. Racconta un momento di Varsavia, una storia di Varsavia, di una notte in cui si abbatte sulla città una pioggia spaventosa e una repressione poliziesca, militare e politica. Di notti del genere, mi dico, Varsavia ne ha conosciute parecchie. Siamo in una casa; c’è una coppia: l’uno o l’altra vuole far l’amore, l’altro piange e una voce – di uomo o di donna – racconta cos’è successo. Hanno ucciso un ragazzo; è come se avessero troncato il futuro. Una notte di colpo di stato, una notte in cui il paese intero è in subbuglio.
Fin qui, dice Lucien l’asino scuotendo la grande testa ed anche le orecchie, potremmo essere al Cairo, a Tunisi, a Berlino, a Parigi, a Madrid, Lisbona, Atene… insomma praticamente in tutte le città del mondo. Per esempio, Buenos Aires potrebbe andare benissimo ma anche Santiago o Shangai, Pechino, Chicago, Kinshasa, Damasco, Istanbul, Ankara o Mosca… mi fermo qui con questa lista…
E questo è precisamente ciò che voleva l’autore della canzone (“Così ho eliminato dal titolo ogni riferimento temporale perché il messaggio che intende trasmettere la canzone è a-temporale, non localistico, esteso, anzi, al mondo intero.”). Ma nel seguito della canzone tutto diventa più complesso… per via di questa madonna nera e di questo minatore bianco che sembrano formare una coppia. E d’altra parte si tratta proprio una coppia. Cito:
Sull’altare c’è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco…
Siccome Lorenzo, come ti dicevo, ha già svelato in anteprima il segreto, vado direttamente al sodo: si tratta della Vergine nera di Czestochowa e del suo più ardente amminatore, il minatore bianco, alias Giovanni Paolo II, anch’egli polacco e fervente idolatra della Vergine. “Totus tuus”, tutto tuo, era il suo motto. Per me era evidente ma è sempre meglio precisarlo per seguire quel che voglio dire, e interpretare la canzone.
Certo, la canzone di Bertoli denuncia un colpo di stato militare-politico (nello specifico quello di Jaruzelsky su ordine di Mosca) e pertanto, il tradimento da parte dei comunisti polacchi del sogno di società egualitaria che avevano promesso al popolo, e in particolar modo ai poveri. Ma la canzone denuncia immediatamente dopo l’altro grande tradimento, quello di Woytila e del suo partito… volevo dire della sua Chiesa. Anche lui aveva promesso alla povera gente… Ma non si era proclamato distruttore del comunismo (la chiesa concorrente strumentalizzata da e per altri potenti, sia detto en passant) altro che per appoggiare il partito dei ricchi e dei potenti. Ritroviamo qui il vero ruolo della Chiesa nella Guerra dei Centomila Anni: guidare e tenere a bada il gregge dei poveri per il più grande profitto dei ricchi… e questo è vero ancora oggi. Ed è quello che è successo in Polonia e la povera gente in Polonia paga ancora il prezzo di questo tradimento e ne sapranno ancora più domani.
Ma soltanto una massa di povera gente
da umiliare e da rendere impotente,
ma soltanto una massa di povera gente
da piegare e da rendere ubbidiente.
In effetti, mi sembra che è un po’ la stessa cosa che raccontava la canzone che avevi scritto a proposito dei fatti di Berlino di qualche anno dopo, quando hanno fatto cadere il muro… dove dicevi:
“L’altro lato del muro non ha niente di un « Sunny side of the street ».”
Insieme al muro si abbatte
tutta una vita collettiva
s’espande la miseria da un lato, come dall’altro
Così va la vitaLa libertà di sfruttare passa dietro il muro
si crea la disoccupazione individualizzata
Ricchezza da un lato, povertà dall’altro
Così va la vita
E potresti anche aggiungere, ma questa è ancora un’altra chiesa, ma sempre la stessa storia: Guardate quel che fanno ai greci… E finalmente, per concludere molto provvisoriamente, la canzone spartisce equamente i torti tra le due chiese (la cattolica e la comunista) a causa del tradimento dei clerici, e questo è il fatto essenziale.
Quanto a noi, noi che non siamo cristiani, siamo somari, tenteremo di non tradire e di non cadere in errore… riprendiamo allora il nostro compito essenziale che è quello di tessere, come dei moderni Canuts, il sudario di questo vecchio mondo retrivo, clericale, brutale, violento, traditore, menzognero e malato.
Così parlarono Marco Valdo M.I. e Lucien l’âne.
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