Paul Celan è uno dei massimi poeti di cultura ebraica del secolo scorso.
Nato in Romania, morto a Parigi, scriveva in tedesco. Come tanti artisti ha cambiato tante patrie, senza mai trovarne una.
I suoi genitori morirono in campo di concentramento, mentre lui si salvò dalla cattura. Paul Celan visse tutta la sua esistenza con l’ossessione di non avere fatto abbastanza per salvare i suoi e, in fondo, con il senso di colpa per essere sopravvissuto, per non essere morto con loro: la memoria dello sterminio dei suoi genitori e del popolo ebraico, la memoria delle violenze della guerra, lo ossessionò al punto tale che, infine, si suicidò, buttandosi nella Senna dal Pont Mirabeau.
La sua poesia più famosa è Todesfuge (Fuga di Morte) messa in musica da Diamanda Galas. La poesia è un potente grido di dolore che descrive la realtà del campo di concentramento, denuncia la condizione dei prigionieri, e mette a nudo la crudeltà dei carcerieri nazisti nella sua elementare banalità quotidiana. Il titolo, originariamente Todestango, coniuga la morte con il ritmo musicale proprio della Fuga, che Celan si propone di riprodurre nell’andamento dei suoi versi; in esso è da vedersi anche un richiamo diretto all’imposizione umiliante, inflitta dai nazisti agli ebrei prigionieri dei campi, di suonare e cantare durante le marce e le torture.
Latte nero dell’alba noi beviamo la sera
Noi beviamo sia a pranzo sia a colazione noi lo beviamo di notte
Noi beviamo e beviamo
La morte è un maestro in Germania i suoi occhi sono blu
Lui mi colpisce con una pallottola di piombo egli mi colpisce sicuramente
Un uomo abita in una casa i tuoi capelli dorati Margarete
Egli aizza i suoi mastini e ci regala una tomba nell’aria
Egli gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro in Germania
Dalla stessa poesia il violinista Michele Gazich ha tratto una bellissima canzone intitolata Il latte nero dell’alba.
La notte beviamo il latte nero dell’alba
La notte beviamo il latte nero dell’alba
La notte beviamo il latte nero dell’alba
La notte beviamo il latte nero dell’albaVivere scrivere cicatrizzare l’odio
Vivere scrivere cambiare lingua cambiare città
Vivere scrivere amare amare amare ancora
Vivere scrivere anche se tutto intorno muoreVivere scrivere nuovi libri per nuovi occhi
Vivere scrivere per le orecchie annoiate del boia
Vivere scrivere sento il rumore delle nuove catene
Vivere scrivere anche se tutto intorno muore
Il latte nero dell’alba è quello che bevevano ogni mattino gli ebrei che sapevano di dover morire; il latte nero dell’alba lo bevve Paul Celan, prima di sprofondare nella terribile pace della morte, nel grande cuore nero delle acque del fiume.
Ma il fiume questa notte è un grande cuore nero
E mi accoglie
E mi stringe
E spegne il mio dolore
Il brano è diviso in sezioni musicali diversissime: sezioni concitate alternate ad altre di riflessione e pace. Gazich racconta, con scansione al contempo lirica e narrativa, con una voce che non nasconde nulla del male del vivere e che per questo non può lasciarci indifferenti, la vita e la morte di Celan.
Sul sito la canzone è già stata tradotta in polacco ed in greco.
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