The Gold in Africa di Neville Marcano, detto “The Tiger” (1936) è un brano Calypso proveniente da Trinidad e Tobago che denuncia l’aggressione fascista italiana all’Etiopia (1935/36). Lo presentiamo per la prima volta in Italia, dopo quasi ottant’anni passati invano, dato che si continuano a inaugurare monumenti al macellaio Graziani.
Di prim’acchito pensavo di aver trovato, con questo brano, un’autentica particolarità: una canzone a ballo contro Mussolini e la guerra d’Abissinia (vale a dire l’aggressione fascista e colonialista all’Etiopia) proveniente, in epoca contemporanea agli avvenimenti, da Trinidad e Tobago! Poi ci ho ripensato, e mi sono detto che la cosa era più che normale: in tutti i Caraibi, la figura dell’imperatore Hailé Selassié era pressoché sacra. Imperatore axumita d’Etiopia fin dal 1930, Ras Tafari era sempre stata una figura importantissima per la società caraibica; per molti caraibici rappresentava un sogno di libertà nera, dato che l’Etiopia era l’unico paese indipendente (assieme alla Liberia) non soggiogato al colonialismo europeo in Africa. Non a caso, per i Rastafariani giamaicani egli è tuttora il dio vivente, il leader profetizzato nell’Apocalisse come guida della razza nera verso la liberazione. L’invasione fascista italiana, preceduta dal falso “casus belli” dei pozzi di Ual-Ual che portò alla denuncia del trattato di Uccialli (Wuchalé) del 1928 e all’inizio delle ostilità il 3 ottobre 1935, fu fintamente “deplorata” in tutto il mondo: all’Italia furono applicate sanzioni economiche che, lungi dal rappresentare un deterrente, furono abilmente sfruttate dalla propaganda mussoliniana (le “Inique sanzioni”). In realtà, alle potenze europee (e alla “Società delle Nazioni”, inutile carrozzone senza alcun potere reale), l’invasione italiana stava benissimo; all’Etiopia non fu fornito nessun aiuto concreto dalle potenze, e fu lasciata in balia degli italiani che vi applicarono tecniche di sterminio di massa (anche con uso massiccio di armi chimiche come iprite e fosgene). Paradossalmente ma non troppo, gli unici aiuti concreti all’Etiopia furono forniti dalla Germania hitleriana, che vendette armi agli etiopi fin dall’inizio nell’ottica di favorire un sempre maggiore impegno bellico italiano che riducesse l’attenzione sull’Austria e sul futuro Anschluß. Teoria assolutamente corretta, dato che nel 1938 Mussolini non muoverà un dito di fronte all’annessione tedesca dell’Austria.
Molto, molto diversa la reazione nelle opinioni pubbliche, sia europee che di altri continenti. La reazione caraibica, sebbene del tutto sconosciuta dalle nostre parti, fu molto forte per i motivi sopraccitati. Una delle principali forme per esprimere la rabbia dinanzi all’aggressione italiana dell’Etiopia fu la musica più tipica, vale a dire il Calypso. In Italia si tende a identificare il Calypso come una pittoresca forma di musica danzante con precisi legami storici col Reggae, scordando magari i suoi forti legami con la Rivelazione biblica e la liberazione dei popoli (il suo stesso nome deriva da “Apocalypse”). Molti brani Calypso parlano quindi della guerra d’Abissinia, oltre che di svariati problemi sociali (il razzismo e la disuguaglianza in primis).
Neville Marcano, detto “The Tiger” o “The Growling Tiger of Calypso”, era nato a Diego Martin, nell’isola di Trinidad, nel 1916; è stato uno dei principali calypsisti di ogni tempo. Iniziò a comporre e a esibirsi nel 1934, all’età di 18 anni, e non smise che con la sua morte, avvenuta nel 1993. “The Gold in Africa”, registrata a New York il 2 aprile 1936 (circa un mese prima dell’entrata di Badoglio a Addis Abeba e della “proclamazione dell’Impero” da parte di Mussolini), è il suo brano più celebre sulla guerra d’Abissinia. Un brano che deve essere conosciuto finalmente anche in Italia, dove tuttora si sente un po’ troppo spesso risuonare “Faccetta Nera”. Il brano, nella piena tradizione del Calypso, esprime non soltanto l’indignazione caraibica di fronte alla guerra colonialista e imperialista del fascismo italiano, ma anche precisi riferimenti biblici: Mussolini è identificato con la “Bestia” dell’Apocalisse, coi “re del mondo che si uniscono per muover guerra al Re assiso in trono” (Apocalisse 19:19).
L’oro, l’oro, l’oro
L’oro, l’oro d’Africa
Mussolini vuole dall’Imperatore.L’Abissinia si è rivolta alla Lega per la pace,
Mussolini ha agito come una bestia,
Un bruto, un ladro, un bandito di strada,
Un dittatore svergognato come un cane.
Il testo del brano è altresì pervaso da un amaro sarcasmo che individua esattamente il vero motivo della guerra colonialista: il denaro e l’avidità. “L’oro dell’Africa”, che deve essere depredato; è la storia che lo dice. I due principali predatori dell’Etiopia, il maresciallo Badoglio e il macellaio Graziani, si arricchirono a dismisura. La chiusa finale del brano è mirabile: se Mussolini vuole oro, oro e oro, perché non va a prenderselo in Canada, in Austria-Ungheria (che non esisteva più all’epoca, ma tant’è) o in “America” (vale a dire negli USA)? Oppure magari in “Demarara”, vale a dire sulla costa della Guyana famosa per la produzione di canna da zucchero? In ultima analisi, un brano che testimonia quale fosse realmente la presa di coscienza anticolonialiste delle popolazioni caraibiche di fronte ad avvenimenti apparentemente lontanissimi, ma che toccavano profondamente le loro coscienze di colonizzati.
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