Questo sito, la memoria la fa ogni giorno dell’anno e non ha bisogno di “giornate” istituzionali. Soprattutto non la fa a senso unico, come chi trasforma (tipo “Repubblica”) il 27 gennaio nella “Giornata per la propaganda israeliana”. Siamo e restiamo ben lontani da tutto questo. Il 27 gennaio, se “giornata” dev’essere, lo è per gli Ebrei come per i Rom, i Testimoni di Geova, gli omosessuali e per chi non credeva in nessun dio, per i semplici antinazisti (anarchici, comunisti, democratici) che sono periti a decine di migliaia non solo nei lager. Troppo “deificata”, ‘sta memoria; anche per gli assassini, “Dio era con loro”.
Per questo 27 gennaio, è necessario dare spazio a persone come Rocco Rosignoli (l’autore di Oesterheld), che il 30 gennaio farà uscire in Rete un intero album, “La bella che guarda il mare”, registrato dal vivo per l’ANPI. Oggi, Rocco propone un preascolto della sua interpretazione di Zog nit keynmol, che è un inno partigiano e di Resistenza, e non di propaganda sionista. Invitando magari a riascoltare e rileggere anche lo Tsigaynerlid, la “Canzone degli zingari” scritta in yiddish da Dovid Beyglman: una testimonianza, semisconosciuta, di solidarietà tra le vittime del nazismo. Il quale non è solo “follia”, ma una cosa politicamente ben precisa, e ancora ben presente.
Hirsh Glik nacque a Vilnius, in Lituania, nel 1920 da una famiglia della piccola borghesia ebraica (suo padre era un modesto commerciante di abbigliamento usato). “Hirshke”, come veniva chiamato in famiglia con il tipico suffisso diminutivo yiddish, cominciò a scrivere poesie all’età di tredici anni e fondò assieme a degli amici e compagni di scuola un gruppo di giovanissimi poeti. Dovette interrompere gli studi prima del tempo a causa della povertà della sua famiglia, divenendo apprendista commesso in una cartoleria e, poi, commesso in un negozio di vasellame. Quando i nazisti occuparono Vilnius, nel 1941, Glik fu catturato assieme a tutta la sua famiglia, incarcerato e poi inviato in un lager in una palude dove i prigionieri dovevano trasportare torba, un lavoro di solito riservato ai cavalli. Quando il campo fu chiuso, fu rimandato al ghetto di Vilnius, dove cominciò a svolgere attività clandestina nel FPO (Feraynte Partizaner Organization), l’organizzazione partigiana ebraica, rimanendo per altro in contatto con gli ambienti letterari e artistici sotterranei. Nel settembre 1943 i nazisti spedirono Hirsh Glik nel primo dei lager estoni, dove la maggior parte dei prigionieri soccombevano alle condizioni di vita disumane. Glik non smise mai di scrivere poesie e canzoni. Nel 1944 riuscì a fuggire dal lager mentre le truppe sovietiche si stavano avvicinando, ma scomparve, probabilmente fucilato dai soldati nazisti che vagavano nella zona. Aveva solo 24 anni.
Spesso del tutto privi di qualsiasi materiale per scrivere, i prigionieri componevano a memoria e si trasmettevano oralmente le proprie opere, letteralmente di bocca in bocca. Altre poesie e canzoni venivano nascoste dagli amici, e nel ghetto di Vilnius se ne ritrovarono diverse alla fine della guerra. La maggior parte delle opere di Hirsh Glik, tutte in lingua yiddish, sono andate quindi perdute.
Zog nit keynmol fu scritta da Hirsh Glik all’età di soli 16 anni, quando ancora si trovava nel ghetto di Vilnius e divenne in breve tempo celeberrima, nonché l’inno del movimento di resistenza partigiana ebraica agli assassini nazisti.
Non dire mai che hai percorso l’ultimo cammino
anche se le nuvole nascondono l’orizzonte
verrà ancora la nostra ora tanto attesa
risuonerà ancora il nostro passo “noi siamo qui”Dalle terre delle verdi palme alla terra delle bianche nevi
noi veniamo con il dolore delle nostre sofferenze
e dove è caduta una stilla del nostro sangue
lì fiorirà il nostro coraggio, il nostro eroismoQuesto canto è scritto con il sangue, non con l’inchiostro
non è un canto di un uccello in libertà
questo l’ha scritto un popolo fra muri che crollavano
l’ha cantato con i mitra in manoIl sole del mattino illuminerà d’oro il nostro oggi
e il nostro ieri si dissolverà con il nemico
ma anche se il sole e l’alba tardassero
come una parola d’ordine, questo canto andrà di generazione in generazione.Non dire mai che hai percorso l’ultimo cammino
anche se le nuvole nascondono l’orizzonte
verrà ancora la nostra ora tanto attesa
risuonerà ancora il nostro passo “noi siamo qui”
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