Al Capitale piacciono le camicie: che siano nere o brune quando ha bisogno del fascismo poliziotto, o che siano tanto belline quando c’è da rendere schiavi nelle fabbriche che producono per la “moda”. Ce lo racconta esattamente, dalla sua breve e triste vita, Morris Rosenfeld, ebreo, immigrato, schiavo in uno Sweatshop newyorkese nel 1893.
Qui in officina, le macchine fanno un rumore così d’inferno
Che, spesso, nel frastuono dimentico chi sono;
Mi perdo nel rumore terrificante, e mi sento
Come vuoto dentro: divento una macchina.
Lavoro, lavoro e lavoro, senza sosta.
Si produce e fabbrica, fabbrica e produce all’infinito:
Per che cosa? E per chi? Non lo so e non lo chiedo,
Una macchina, come può mai pensare?…
Il testo in yiddish di questa canzone, faticosamente ricostruito per “dare voce a chi non l’ha più”, è stato scritto più di cento anni fa, ma al giorno d’oggi è cambiato poi molto? Una volta tradotto il testo ecco che appaiono le ombre di Morris Rosenfeld, che viveva di persona quel che scriveva, e dei suoi compagni di schiavitù; e appaiono le ombre degli schiavi di oggi, delle fabbriche che crollano in India e nel Bangladesh producendo inutile merda per il nostro mondo, dei lavoratori cinesi che bruciano ammassati in una fabbrica a Prato.
L’orologio in officina non si ferma mai,
Indica tutto, ticchetta tutto, tiene sempre svegli;
Mi ha detto uno, una volta, che cosa vuol dire
Quel suo indicare e tener svegli: c’è un motivo preciso.
Mi ricordo qualcosa, quasi fosse un sogno:
L’orologio risvegliava in me la vita e i sensi
E ancora qualcosa – ma non ricordo più, non chiedetemelo!
Non lo so, non lo so, io sono una macchina!…
Nella foto: due ragazze con la scritta “Abolire la schiavitù infantile” in inglese e in yiddish. La foto risale probabilmente al corteo del 1 maggio 1909 a New York.
E’ stata brutta, finora. Ma adesso magnus ab integro saeclorum nascitur ordo; ed è Firenze, già beata (se non l’affogano) pei lavacri dai suoi gioghi a lei versa Appennino, che oggi bea il mondo di nuova salvifica progenie. Ad maiora!