Da oggi L’estaca è una delle canzoni fondamentali di questo sito: una canzone che non cessa ancora oggi di essere una delle principali canzoni di libertà del mondo: nata nella Spagna oppressa dal Franchismo, ha attraversato i regimi di qualsiasi (finto) “colore”, dalla Polonia fino alla rivolta tunisina e alla Russia dello “zar” Putin.
Composta da Lluís Llach nel 1968, in piena dittatura franchista, la canzone è riuscita ad essere un inno universale di liberazione da ogni tipo di regime autoritario e oppressivo; cosa del resto naturale, se si considera la sua natura di chiamata all’unità di azione per liberarsi da ogni costrizione e per ottenere la libertà. Una canzone che si è trasformata in simbolo di lotta per la libertà con la sua metafora del palo che deve cadere se lo si tira tutti assieme.
Il vecchio Siset mi parlava
di buon’ora sul portone
mentre aspettavamo il sole
e vedevamo passare i carriSiset, non vedi il palo
al quale siamo tutti legati?
Se non riusciamo a liberarcene
non potremo mai camminare
Siset è il diminutivo di Narcis. Narcís Llansa era il barbiere del paesino di Besalú nella provincia di Girona. Il negozio del barbiere era il centro delle discussioni politiche e sociali. Era un fervente repubblicano e anticlericale, caratteristiche ereditate dal padre Esteve.
Quando fu proclamata la Repubblica nel 1931, Narcís Llansa fu eletto consigliere per la ERC (Esquerra Republicana de Catalunya) di Francesc Macià e Lluís Companys. In seguito alla sconfitta repubblicana nella guerra civile, subì il dileggio dei vincitori: fu obbligato a pulire la chiesa e ad assistere alla messa. Siset era sempre riuscito a evitare la messa adducendo come scusa che la domenica era il giorno che aveva più lavoro e che doveva andare in campagna a tagliare i capelli ai contadini. Tuttavia durante la Guerra Civile, nonostante fosse costretto a vivere nascosto, radeva regolarmente il parroco del paese che non lo denunciò mai.
Llach conobbe Siset quando quest’ultimo si trasferì a Verges. Era già anziano, gli tremava il polso e non poteva continuare il suo mestiere di barbiere. Viveva con una delle due figlie, la madre di Ponç Feliu, e uno dei ragazzini amici del nipote era Lluís Llach, il figlio del medico e sindaco franchista del paese.
Narcís Llansa era appassionato di pesca e l’adolescente Lluís lo accompagnava spesso nei caldi pomeriggi d’estate. “Siset mi guardava sempre con uno sguardo fermo e con gli occhi luminosi da persona buona”.
Quei pomeriggi erano occasioni di lunghe e magnifiche lezioni di vita, grazie alle quali Siset aprì gli occhi e la mente di un giovane Lluís che ancora credeva nelle virtù del franchismo, che aveva imparato a casa e a scuola. La canzone è quindi anche una metafora del passaggio di consegne dalla vecchia generazione di repubblicani sconfitti nella guerra civile alle generazioni nate dopo la vittoria fascista e che avevano vissuto tutta la vita sotto la dittatura.
Se tiriamo tutti insieme cadrà
e non può durare a lungo
di sicuro cade, cade cade
già dev’essere ben marcitoSe io tiro forte di qui
e tu tiri forte di là,
sicuro che cade, cade, cade
e potremo liberarci
La metafora riuscì in un primo tempo ad ingannare la censura, tanto che inizialmente la canzone non fu proibita. Tuttavia la prima volta che fu eseguita in pubblico, i presenti capirono immediatamente che il palo marcito rappresentava il regime franchista. Lo capirono però anche i censori, e L’estaca passò immediatamente ad essere la canzone più proibita in Spagna. In un concerto del 1970, registrato nel disco dal vivo Ara i aquí, Llach spiega di non poter cantare la canzone. La attacca poi in una versione strumentale (gli era stato proibito di cantarla, non di suonarla). Immediatamente il pubblico intona la canzone in coro.
Se una canzone può essere definita mitica, L’estaca lo è. Forse la canzone più famosa in lingua catalana, è stata tradotta in una tale moltitudine di lingue, che in parecchi paesi la si considera come una canzone autoctona; ad esempio in Polonia, dove il rifacimento di Jacek Kaczmarski, Mury, è stato uno degli inni del libero sindacato Solidarność. Il testo della canzone polacca è completamente autonomo e usa una metafora diversa (il muro invece del palo) per esprimere la stessa cosa: la lotta contro un regime autoritario.
Strappa le sbarre delle grate ai muri!
Spezza le catene, rompi la frusta!
Ed i muri cadranno, cadranno, cadranno
E seppelliranno il vecchio mondo!
Dima dima, la versione araba de L’estaca scritta da Yasser Jradi, che oltre al musicista fa il calligrafo, ha accompagnato la “primavera tunisina” che ha portato, nel 2011, alla caduta del regime di Ben Ali, il dittatore preferito dal fu Bettino Craxi.
Dalla Russia proviene ciò che al tempo stesso, a nostro parere, è il documento più impressionante e la testimonianza più precisa della natura libertaria di questa canzone: un gruppo di persone canta la versione russa della Gruppa Arkadij Koc, subito dopo essere state arrestate, dentro un cellulare della Polizia. Un video che è un simbolo.
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