Oggi 3 ottobre 2014 è il primo anniversario della strage di Lampedusa. E la chiamiamo “strage”, non “tragedia”.
Da allora di stragi ce ne sono state altre, quasi a ritmo giornaliero. Un anno di buoni propositi, di visite del Papa, di “mare nostrum”, di “prese di posizione”, di “mai più”, di governi che cambiano, di “appelli all’Europa”, di Europe che si guardano bene dal raccogliere gli appelli, di motovedette, di Leghe più o meno del “nord”, e di esseri umani che muoiono in fondo al mare.
Il 7 e 8 febbraio 2014, Andrea Buffa ha registrato Dormi, una canzone in forma di ninna-nanna.
Dormi bimbo mio bello
lascia che l’onda ti possa cullare
lascia che il vento spinga il battello
che un poco prima tu possa arrivare
Ma è una ninna-nanna che ha la sua sveglia terrificante al suo interno, un lungo recitativo che racconta ciò che è l’Italia di oggi attraverso i “social networks”: i suoi Danieli, le sue Martine, il suo razzismo, la sua stupidità, la sua disumanità.
Il 3 ottobre 2013 si rovescia e affonda al largo di Lampedusa un barcone con a bordo più di cinquecento migranti. I morti accertati sono oltre trecentocinquanta, in prevalenza giovani e giovanissimi, bambini. Daniele, su Facebook, risponde al post di Martina che scrive: “Lutto nazionale”. “Ah ah ah ah ah ah, l’Italia mi fa proprio ridere. Ci vorrebbe un bel colpo di stato, cinquecento valorosi che sparano all’impazzata, nel giro di un’ora l’Italia cambia da così a così. L’Italia agli italiani!” Martina si sente in dovere di specificare: “Ok, ok. [Faccina che ride] Ok, però mi fanno ridere comunque. Perché non fare lutto nazionale per la strage del bus, farlo per dei clandestini…Poverini perché son morti, ok, ma tutti quelli che vivi si piantano qui, fanno dieci figli e vengono mantenuti dallo stato?” Post di qualche giorno dopo, di un altro: “Ok, adesso mi date del razzista ma dico solo che questi devono stare a casa loro. Vengono qui e minacciano la nostra sicurezza e non puoi più uscire di casa, il lavoro della nostra gente… Se entrano in casa tua e minacciano tua figlia? No, io non ce l’ho una figlia ma tu ce l’avrai una figlia.” La nostra gente è un tema che va per la maggiore; meglio loro che la nostra gente, difendere la nostra gente, la mia gente in contrapposizione oggi a chi arriva dal mare e ha la pelle scura. Ieri i terroni o gli ebrei, domani…vedremo. Nasce il gruppo aperto su Facebook “Centotrenta bocche negre in meno da sfamare”. Tra i primi commenti: “Sono morti 130 negri: non me ne frega un cazzo!” La pagina razzista “Fuori tutti gli immigrati dall’Italia”, almeno 5000 fan, che si propone “di combattere contro l’oppressione multietnica”, esplode di commenti all’indomani della strage, alcuni anche all’indirizzo del ministro Kyenge. Ad esempio: “Brutta testa di cazzo di una…casomai sono loro che devono omaggiare noi per avergli dato la possibilità di mettere le loro luride facce puzzanti di piscio sul suolo italiano…ma qui siamo deficienti? Dovrebbero andarsene tutti, se non ci fossero molte regole io stesso darei fuoco ai barconi…che skifo! [con la kappa]” L’amministrazione di Facebook mi risponde dopo un paio di giorni riguardo alla segnalazione che ho fatto del gruppo “Centotrenta bocche negre in meno da sfamare”: “Gentile utente, abbiamo verificato la tua segnalazione e il gruppo non è stato chiuso. Verifica meglio e segnalaci eventualmete post e immagini che siano in violazione delle regole di Facebook.” La mia segnalazione era partita dalla foto del cadavere di un giovane uomo di colore che galleggia a faccia in giù nel mare. Il commento alla foto era: “E adesso chi pulisce?”
E’ l’Italia di oggi, con la sua disumanità, col suo razzismo e con la sua stupidità affidata ai “social networks”.
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