“Questo album rappresenta una continuazione del mio lavoro di lotta contro il primitivismo della cultura odierna, che ha preteso il suo tributo di vittime grazie agli spietati giochi politici di potere e ha causato un generale allontanamento dalla spiritualità.” – Milan Mladenović
La storia degli Angel’s Breath è tragica come tragico è il periodo del loro paese in quel periodo. 1994, le guerre jugoslave ancora in corso, l’espatrio e la coscienza della distruzione di un intero spirito, oltre a quella materiale e umana. Ma facciamo un passo indietro, al 1985.
In quell’anno, il musicista serbo Milan Mladenović, nato il 21 settembre 1958 e figlio di un serbo e di una croata, è il leader della rock band belgradese Ekatarina Velika; assieme a due altri musicisti rock jugoslavi, Mitar “Suba” Subotić (nato il 23 giugno 1961 a Novi Sad) e Goran Vejvoda (nato nel 1956 a Londra e figlio dell’ambasciatore jugoslavo nel Regno Unito Ivo Vejvoda, ex combattente nella Guerra di Spagna e ex partigiano), decidono di fondare un “project” che chiamano, in serbocroato, Dah Anđela (“Il respiro dell’angelo”): I tre cominciano a scrivere e a comporre, esibendosi più volte a Belgrado; ma, per motivi e obblighi personali, la band si scioglie ben presto e il progetto cessa di esistere.
All’inizio degli anni ’90, poco prima dell’inizio delle guerre jugoslave, Mitar Subotić si trasferisce a San Paolo del Brasile, dove continua a lavorare come musicista e produttore; Mladenović continua invece a vivere in Serbia, assistendo alla dissoluzione violenta della Jugoslavia ed al prevalere delle “facce senza volto” che sono le protagoniste di questo brano. Nella primavera del 1994, Milan Mladenović raggiunge Mitar Subotić a San Paolo, deciso a riattivare il progetto ora intitolato, in inglese, Angel’s Breath e a incidere tutto il materiale che era stato scritto in precedenza. Il progetto Angel’s Breath “rinasce” quindi in Brasile, assieme ai musicisti brasiliani Fabio Golfetti (chitarra), João Parahyba (percussioni), Madalena e Marisa Orth (coriste). L’album Angel’s Breath esce presso la casa Imago nello stesso 1994, con tutte le canzoni scritte da Milan Mladenović.
Pur essendo inserito nella situazione jugoslava del tempo, l’album intendeva avere un valore di denuncia più generale e, si potrebbe dire, globale; secondo le parole dello stesso Mladenović, era una “continuazione del suo lavoro di lotta contro il primitivismo della cultura odierna, che ha preteso il suo tributo di vittime grazie agli spietati giochi politici di potere e ha causato un generale allontanamento dalla spiritualità.” Ciononostante, Crv (“Verme”), che ne è il brano più rappresentativo e celebrato, si riferisce palesemente a tutto ciò che l’autore aveva dovuto vivere, vedere e sperimentare in quegli anni di “strepito disordinato e insensato”; di egoismi, di spietatezza. Le guerre jugoslave e i loro protagonisti, insomma; gli agitatori nazionalisti di ogni “etnia”, le “facce senza lacrime e senza volto”, i ballerini delle danze rituali in trance “in un mondo che esiste solo nelle loro teste”. Il ritornello del brano elenca le loro caratteristiche: “Cicatrice, bara e verme; facce, pelo e sangue”. In queste sei semplici parole si possono riconoscere tutti quanti, i Tuđman come i Milošević, i Karadžić come i Mladić, gli ustaša, i violentatori, gli stupratori, gli agitatori prezzolati e tutti coloro che li sostenevano da qualsiasi parte in quel macello della carne e dello spirito.
Voi ciechi, voi sordi, voi gente egoista
che fate strepito disordinato e insensato
senza un perché e senza un per come
senza una domanda che potrebbe seccare
un sorriso fiero su una faccia senza lacrime
su una faccia che mai è diventata un voltoCicatrice bara e verme
facce pelo e sangue
Cicatrice bara e verme
facce pelo e sangueVoi che ballate muti la vostra danza rituale
voi contenti in trance
in un mondo che esiste
solo nelle vostre teste
gente senza scrupoli e senza pietà
gente senza un ricordo
voi che non conoscete un temporale,
un suono, un colore, un odore
voi gente senza memoriaCicatrice bara e verme
facce pelo e sangue
Cicatrice bara e verme
facce pelo e sangueVoi gente senza memoria.
Ho avuto modo di vedere coi miei occhi, in quegli anni, i risultati di quel massacro; una delle tante cose che, allora, mi colpirono fu la presenza palpabile di una “colonna sonora”. Rock bands serbe, croate, bosniache e d’ogni parte che incitavano alla guerra nazionalista e al macello. Una canzone come questa, da parte di una rock band esiliata, si potrebbe considerare un’eccezione da parte di chi si era rifiutato di mandare il cervello all’ammasso.
Milan Mladenović, in quel 1994, non rimase in Brasile; se ne andò prima a Parigi, dove registrò il video per “Crv” (quello che proponiamo, restaurato, in questa pagina) e poi tornò a Belgrado, dove intendeva riattivare la propria band, l’Ekatarina Velika. Il 24 agosto 1994 tenne un concerto a Budva, in Montenegro, in occasione del festival Pjesma Mediterana (“Canzone Mediterranea”), ma il giorno dopo fu colto da un malore e ricoverato in ospedale dove gli fu diagnosticato un cancro al pancreas senza nessuna speranza. Morì poco più di due mesi dopo, il 5 novembre 1994 a Belgrado, all’età di 36 anni. Il suo amico Mitar Subotić rimase invece in Brasile, dove fece uscire un album come solista, São Paulo Confessions. L’album uscì alla fine di ottobre del 1999, dedicato alla memoria di Milan Mladenović; pochi giorni dopo, il 2 novembre 1999, Mitar Subotić si trovava nel suo studio di registrazione assieme all’artista Bebel Gilberto, da lui recentemente scoperta, quando scoppiò all’improvviso un incendio dovuto a un corto circuito. Nel tentativo di salvare il materiale appena registato, Mitar Subotić morì asfissiato dal fumo; aveva 38 anni. Il materiale che aveva tentato di salvare era quello dell’album Tanto tempo di Bebel Gilberto, che, alla sua uscita, divenne l’album brasiliano più venduto di tutti i tempi al di fuori del Brasile.
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