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We are forces of chaos and anarchy

By Antiwar Songs Staff on 30 Gennaio 2016

Paul Kantner

We Can Be Together è una canzone incredibile – che inseriamo oggi in memoria di Paul Kantner – che apre lo storico album Volunteers, quello con la copertina che ritrae i membri del gruppo davanti alla bandiera statunitense vestiti (o parzialmente vestiti) in modo del tutto eccentrico. La copertina si riferisce ovviamente alla title track (l’ultima in scaletta) in cui il gruppo afferma “we are volunteers of America.”. We Can Be Together è simile musicalmente e tematicamente.

La musica introduttiva è quasi marziale, ritmata, con batteria chitarra e piano che scandiscono il tempo di una marcia La chitarra solista e distorta di Kaukonen entra improvvisamente, come in una chiamata all’azione, introducendo il carattere di inno generazionale. Poi la musica si fa più tranquilla, e le parole potrebbero quasi far pensare ad una canzone d’amore, grazie anche alle due voci maschile e femminile. Possiamo stare insieme, io e te, dovremmo stare insieme, un classico incipit da canzone romantica. Ma subito dopo la musica riprende il suo carattere marziale (questa alternanza è lo stile della canzone e sarà ripetuta per tutto il pezzo) e si intuisce che di tutto si tratta tranne che di una coppia di innamorati.

Siamo tutti fuorilegge agli occhi dell’America, per sopravvivere rubiamo, imbrogliamo, mentiamo falsifichiamo, scopiamo, ci nascondiamo e traffichiamo. Siamo osceni, illegali, detestabili, pericolosi, sporchi, violenti… e soprattutto giovani!

In poche, essenziali, definizioni, riprese alla lettera – sembra – da un volantino distribuito a New York dal gruppo radicale anarchico The Motherfuckers, Kantner delinea il conflitto generazionale e politico che contrapponeva la generazione degli hippies alla generazione del presidente Nixon che – peraltro – stava mandando i giovani al macello della guerra del Vietnam.

Up against the wall motherfucker

Per quanto questi slogan possano sembrare estremisti – in effetti le parole erano scelte appositamente per apparire più radicali possibile per produrre un forte impatto emotivo – bisogna ricordare che a quel tempo se protestavi contro la guerra in Vietnam, se eri un maschio con i capelli lunghi, se fumavi una canna di tanto in tanto, se facevi sesso prima del matrimonio – e naturalmente se ascoltavi una band come i Jefferson Airplane – stavi probabilmente infrangendo una o più leggi e avevi piu di una ragione di temere il controllo del governo, la censura e le conseguenze penali.

Quando il We can be together viene ripetuto la seconda volta, appare chiaro che non si riferisce a un uomo o una donna, ma ad un gruppo di persone – forse un’intera generazione – che condivide uno stile di vita, degli ideali e dei sogni.

Il conflitto generazionale viene ribadito ancora più esplicitamente nel seguito: Siamo le forze del caos e dell’anarchia. Tutto quello che dicono di noi, lo siamo davvero. E ne andiamo molto fieri!. Non si tratta semplicemente di incomunicabilità. Noi non cambieremo e “loro” – la vecchia generazione, il governo, il potere – non ce lo perdoneranno.

Ecco che la musica torna alla melodia rilassata, ma stavolta abbiamo un messaggio molto diverso: Contro il muro, figli di puttana! Abbattiamo i muri!. Quel motherfucker, che riusci a mandare nel panico i dirigenti della casa discografica RCA che fecero di tutto per tagliarlo dal disco, viene pronunciato da Grace in maniera memorabile. Altri avrebbero sputato l’insulto con rabbia e violenza, invece Grace Slick pronuncia lentamente e soavemente ogni sillaba, permeando quasi la parola di grazia e d’amore. Grace fu anche la prima cantante a pronunciare la parola incriminata in diretta TV, in occasione della partecipazione del gruppo al Dick Cavett Show.

Il finale è la speranza, la terra promessa, la fine del conflitto. Un nuovo continente di terra e di fuoco dove arriveremo quando finalmente avremmo abbattuto tutti i muri.

Lo slogan Up Against the Wall Motherfuckers! era ripreso da una poesia del poeta afroamericano Amiri Baraka dedicata, ovviamente, alla comunità afroamericana e al movimento per i diritti civili. L’espressione divenne un grido di protesta del ’68 statunitense e i Jefferson Airplane grazie a questa canzone lo fecero diventare uno dei più celebri slogan rivoluzionari dell’epoca.

fonti: reason to rock, La Zamarra de Gustavo.

Posted in Canzoni, In ricordo | Tagged Jefferson Airplane, Paul Kantner, Vietnam

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