Non c’è, in fondo, molto da aggiungere a quel che è stato già detto. E non è una cosa che riguarda solo lo stato spagnolo, i re e le corone. Riguarda il fondamento stesso di ogni stato: se lo attacchi nei suoi cardini e nelle sue figure “istituzionali”, persino con delle canzoni, quantomeno rischi la galera. Oppure ci vai, come è successo in questi giorni a Pablo Hasél, con tanto di assalto poliziesco all’Università di Lleida, dove si era barricato.
Nel bel mezzo della “pandemia”, quando ci hanno mess* più o meno tutt* agli arresti domiciliari e con addosso una museruola che non è costituita soltanto dalla mascherina, si viene a sapere che esistono canzoni, e persone che le cantano, di cui gli stati hanno una gran paura. Talmente tanta, da mettere in atto il loro apparato repressivo in grande spolvero. Il rap contro il mitra. Il rap non disinnescato, non addomesticato, non piegato. Ma non si creda che, altrove, sarebbe diverso. Non siamo nati per marciare soltanto sulla testa dei re, ma anche su quella dei presidenti o chi per loro. Pablo Hasél ce lo ricorda dalla galera in cui lo hanno rinchiuso. A noialtri, chiusi a nostra volta nelle nostre galere domestiche, piccole o grandi, e sempre che ce le abbiamo; a noialtri, rinchiusi tra terrori e noia nella “famiglia” o nella solitudine, separati a forza da chi amiamo davvero; a noialtri, tutto questo Pablo Hasél ci manda a dire. Senza futili eroismi, senza simbologie buone per le chiacchiere planetarie in Rete, ma senza mezzi termini e in modo non fraintendibile.
Che vengano rap, sinfonie, canzonette, suites, berci, ciaccone e liriche contro lo stato e chi lo rappresenta, che abbia o meno una corona in testa e un numero romano dietro al nome. Sono i vaccini, quelli veri. Vaccinarsi tutti contro gli stati, i governi e le polizie. Un’iniezione di pablohaselina. Un’iniezione di libertà, fisica e mentale.
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