Horizon è una canzone dei Détroit, il nuovo gruppo di Bertrand Cantat, l’ex cantante dei Noir Désir, tornato in libertà dopo gli anni di detenzione in seguito all’assassinio della sua compagna Marie Trintignant. Una canzone sulla galera scritta da chi l’ha vissuta in prima persona.
L’inserimento di una canzone del genere nel nostro sito è certamente destinato a scatenare polemiche e ad essere motivo di discussione e di riflessione. In un sito dove appare un percorso intitolato “Violenza sulle donne: come e peggio della guerra” è giusto dare spazio alla voce a un artista che è anche – indubbiamente – un bastardo violento, un assassino, che si è macchiato di un crimine odioso?
Proponiamo qui due parole, o forse anche tre, di Riccardo Venturi.
In questo sito, con tutta probabilità, Bertrand Cantat non è l’unico autore/artista che si è macchiato di un crimine orrendo. Per questo suo crimine, sembra aver pagato da un lato meno di altri (la sua detenzione è stata, tutto sommato, abbastanza breve) e, dall’altro, più di altri nel senso dell’autentico stigma che si è « guadagnato » -probabilmente perché, essendo un autore decisamente impegnato, anti-sistema e che rivestiva in Francia un ruolo pubblico, vedasi l’affare Vivendi-Jean-Marie Messier, il fatto che abbia commesso un volgare femminicidio da ultimo dei ragionieri che giocano a videopoker e ammazzano la moglie è stato percepito come un tradimento (« hai visto quello, faceva tanto il progressista illuminato anti-tutto e poi ha fatto fuori la compagna » o roba del genere).
Poiché ai tempi dei fatti vivevo in Francia, posso assicurare che i discorsi che si sentivano erano invariabilmente di questo tenore, da parte dell’ « homme de la rue » ; la stessa mia compagna di allora, francese, era comprensibilmente arrabbiata e delusa essendo fra l’altro una « fan » dei Noir Désir, e di vecchia data. Si deve aggiungere a tutto ciò anche una cosa peculiare francese : i Noir Désir, e Cantat in primis, contestavano il sistema pur standoci dentro, e facendo pienamente parte dello « star system ». Lo stesso Cantat contestò duramente, in occasione del premio « Victoires de la Musique » del 2002, Jean-Marie Messier, il faccendiere a capo della Vivendi Universal ; ora, il fatto è che i Noir Désir erano precisamente sotto contratto proprio con la Vivendi. Sono cose di cui si fatica a rendersi conto, e che aggiungono acqua al mare. Spiegano anche l’accanimento, mediatico e popolare, riservato a Cantat dopo quel che ha fatto (mentre era in galera, degli ignoti gli dettero persino fuoco alla casa). Fatto sta, che dopo più di dieci anni, se ne continua a parlare ; a differenza delle centinaia di femminicidi quotidiani, in Francia, in Italia e dovunque, che esauriscono la notizia in mezza giornata, oramai accettati come ineluttabilità giornaliera. D’altra parte, si è caduti anche, per quanto riguarda Cantat, nel cosiddetto « maledettismo » : è evidente che Cantat sarà segnato per sempre, e se ne rende pienamente conto.
Per questi e altri motivi, sono pienamente favorevole a dargli voce qua dentro, e massime con una canzone come questa. Condivido in linea di massima le considerazioni espresse nell’introduzione, ma con alcuni distinguo. Qui si è veramente davanti alla nudità dell’uomo prigioniero, e solo. Solo non esclusivamente per essere rinchiuso in una galera, ma anche perché avverte precisamente quel che avviene all’esterno e all’eliminazione generalizzata cui è sottoposto. « Opporsi all’istituzione del carcere » non è semplice, considerando appunto per che cosa vi si può finire ; intanto, però, finire in galera equivale sempre più spesso a una condanna a morte (altra cosa alla quale ci si oppone in questo sito) : ad esempio, è di pochi giorni fa la notizia dell’imprenditore che ha ucciso a revolverate due suoi ex dipendenti albanesi che reclamavano i soldi che erano loro dovuti, e che si è suicidato in cella. Centinaia di detenuti si suicidano ogni anno. Quanto si sarebbe davvero pronti a « opporsi al carcere », mettiamo, per il tizio che stupra e uccide una bambina ? E, più in generale, che cosa significa « opporsi al carcere » come istituzione ? Si propongono « misure alternative » oppure si inserisce la questione in un’ottica più generale di sistema e sociopolitica ? Si è davvero pronti a comprendere, slegando (a fatica) la « punizione » dal « crimine » ? E se toccasse a te, sia di essere la vittima che il carnefice ?
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