Antiwar Songs Blog

il Blog delle Canzoni contro la guerra

Browse: Page 24

Ballata della Guerra

By Antiwar Songs Staff on 4 Settembre 2013

Tristezza e ragnatele avvolgono le baracche,
lontano, nelle trincee, sanguinano i padri

E le madri si prostituiscono con la morte, nelle stalle,
per un po’ di zucchero e un filone di pane.

Yitsik Manger (1901-1969). Tel Aviv, inizio anni '60.

Yitsik Manger (1901-1969). Tel Aviv, inizio anni ’60.

 

Yitsik Manger scrisse questa “Ballata della guerra” esattamente il 30 gennaio 1933. Che cosa sia stato quel giorno, in Germania e nel mondo, lo specifica lo stesso autore: “Scritta il giorno in cui Hitler è diventato cancelliere.” Iniziava, quel giorno, il regime nazista. Il III Reich che avrebbe portato alla guerra mondiale; ad un poeta ebreo questo era già sufficientemente chiaro. Yitsik Manger non scelse, per questa ballata, di raccontare una storia; si tratta, invece, di un testo formato solo da immagini di guerra. In maniera pienamente espressionista, dato che Manger si era formato, pur scrivendo in yiddish, alla scuola dell’espressionismo tedesco. Uno dei canoni dell’espressionismo è, esattamente, lasciare al lettore il compito di immaginare una storia, o le storie, a partire dalle immagini. Mentre i padri muoiono nelle trincee, le madri sono costrette a prostituirsi (“con la morte”: un’immagine terribile) per poter comprare un po’ di pane e un po’ di zucchero per i figli; nel frattempo, i bambini guardano dalle finestre sfilare i soldati. Ancora: immagini di contadini. Fucilazioni. Tristezza. Fuochi che bruciano. Sirene. Generali. Al termine della ballata, i bambini si accalcano tutti assieme, cercando le madri che, come sappiamo, si stanno prostituendo per comprare pane e zucchero.

Yitsik Manger, nel 1933, aveva sicuramente in mente la prima guerra mondiale; anche se aveva previsto esattamente a che cosa avrebbe portato il nuovo regime in Germania, non poteva immaginare che la seconda guerra mondiale sarebbe stata ancor peggiore. Ciononostante, questa sua “Ballata della guerra” resta un documento assolutamente impressionante e del tutto originale.

Testo originale e traduzione

Posted in Canzoni, Poesie | Tagged Hitler, Yiddish, Yitsik Manger

Masters of War ha 50 anni

By Antiwar Songs Staff on 4 Settembre 2013

bob-dylan-harmonica

Masters of War, registrata a New York il 24 aprile 1963, ha da poco computo 50 anni. Ma  le parole di quel ventiduenne di Duluth sono ancora attualissime.

 Non avevo davvero scritto niente di simile prima, non canto canzoni dove si augura la morte a qualcuno, ma in questa non ho potuto farne a meno. La canzone è come un cazzotto, una reazione alla goccia che fa traboccare il vaso, un sentimento del tipo “cosa puoi fare?”. La collera (che è tanto angoscia quanto rabbia) è una sorta di catarsi, un modo per ottenere un sollievo temporaneo da una sensazione pesante di impotenza che affligge molti che non riescono a capire una civiltà che spinge con i propri mezzi truffaldini a dimenticare, e che definisce tale atto un’azione di pace.

Testo, versioni e traduzioni sul sito

Posted in Anniversari, Canzoni, CCG Fondamentali | Tagged Bob Dylan, folk, New York

Wolf Biermann, Chausseestrasse 131, Ostberlin

By Antiwar Songs Staff on 4 Settembre 2013

Comunemente si pensa che sia stato Francesco Guccini il primo a intitolare un intero album di canzoni con il suo indirizzo di casa. Via Paolo Fabbri 43. Chi non lo conosce almeno di nome, questo indirizzo? No, non è stato il primo. È stato almeno il secondo, e non a caso. E anche leggermente a sproposito, visto che in Via Paolo Fabbri 43 Guccini non ce lo ha mai confinato nessuno ed è stato sempre libero di andare e venire a suo piacimento, magari per giocare a fare il montanaro pavanese. A chi non lo conoscesse, presento invece il primo in assoluto che ha intitolato un album di canzoni con l’indirizzo di casa.

Si chiama Wolf Biermann, cantautore e poeta comunista tedesco con l’eterna vocazione a rompere i coglioni, sempre e comunque. Amburghese di nascita, nato nel 1936 in pieno III Reich, a sua volta di famiglia antinazista e comunista (celebre la sua canzone-ritratto sulla nonna, “Oma Meume”). Nei primi anni ’60, ritenendo che la Germania Occidentale tutto abbia fatto fuorché i conti col suo passato nazista, è uno dei pochi che passa il Muro in senso inverso e si stabilisce in Germania Est. Rompere i coglioni è una vocazione: ben presto, sempre e rigorosamente da comunista, comincia a romperli abbondantemente anche alle autorità della DDR. A modo suo. Con canzoni e poesie nelle quali denuncia che in quel paese “socialista”, di autenticamente socialista c’è soltanto il nome e la facciata.

Le autorità “comuniste” tedesche orientali vanno in crisi. Non sono certo abituate ad essere criticate, e pesantemente, da sinistra. Accusate senza mezzi termini di tradimento. Gli arrivano “avvertimenti”, data anche la sua enorme notorietà in entrambe le Germanie. Finché di lui non si occupa addirittura l’ 11° Plenum del Comitato Centrale della SED, il partito comunista ufficiale della DDR. Il Plenum stabilisce nei confronti di Biermann il divieto totale di esibirsi in pubblico, di pubblicare album e di lasciare il territorio della Germania Est. Poco dopo gli arrivano anche gli arresti domiciliari: deve restarsene chiuso in casa. Nel suo appartamento di Chausseestrasse 131. È il 1969.

È lì che Biermann compone il suo primo album di canzoni, inteso come album organico e non come raccolta di singoli pezzi. Lo compone e, essendo prigioniero, se lo registra da solo. In casa. Alcuni amici gli fanno arrivare dalla Germania Ovest, di contrabbando, un registratore a nastro Grundig e un microfono Sennheiser. Apparecchiature di fortuna, ma ottime; talmente ottime che, mentre registra le canzoni, il microfono cattura i rumori della strada e persino del tram che passa. Biermann riesce poi a inviare le tracce registrate di nuovo a Berlino Ovest: all’album dà il titolo più logico. L’indirizzo di casa e della sua prigione. Chausseestrasse 131, appunto.

Appena uscito, l’album viene salutato come un capolavoro. E lo è. Riceve immediatamente il Premio Fontane, un prestigioso premio musicale istituito a Berlino nel 1948. Bisognerà aspettare il 1976 prima che Biermann possa di nuovo esibirsi in pubblico e cantare le sue canzoni, anche quelle di “Chausseestrasse 131”; curiosamente, ciò avviene in una chiesa protestante berlinese.

Guccini deve aver conosciuto almeno la storia di Biermann e di questo album. Certamente è stato abile; e certamente “Via Paolo Fabbri 43” è il suo capolavoro; questo almeno lo ha in comune con Biermann. Ma non era una prigione. Tanto meglio per Guccini, che del resto, per sua stessa ammissione “non è mai stato comunista”, neppure quando terminava i concerti con tanto di pugno chiuso.

[RV]

Sulle CCG: tutto l’album con traduzioni e introduzioni

Chausseestraße 131

chausmikron.

– Die hab’ ich satt!
– Das Barlach-Lied
– Deutschland: Ein Wintermärchen (1. Kapitel)
– Ballade auf den Dichter François Villon
– Deutschland: Ein Wintermärchen (Fortsetzung)
– Wie eingepfercht in Kerkermauern
– Zwischenlied
– Frühling auf dem Mont Klamott
– Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg
– Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg
– So soll es sein – So wird es sein

Posted in Album | Tagged Berlino Est, Francesco Guccini, Wolf Biermann

Melissmell

By Antiwar Songs Staff on 3 Settembre 2013

Melissmell

Si chiamano Melissmell, sono un gruppo il francese il cui nome riunisce Smells like teen spirit dei Nirvana con la melissa, pianta usata per dare sollievo ai mali delle donne. Melissmell è anche lo pseudonimo della cantante, Melanie Francette Coulet.

Il loro primo successo, l’eccezionale “Aux Armes“, faceva incontrare Gainsbourg, Ferré, i Noir Désir e Rimbaud. Più recentemente, durante le ultime elezioni presidenziali in Francia, hanno scritto Bleu Marine, un attacco frontale al Front National di Marine Le Pen.

Nell’aprile 2013 è uscito il loro ultimo album Droit dans la gueule du loup.

Droit dans la gueule du loup

Da tenere d’occhio!

Posted in Artisti | Tagged antifascismo, Melissmell

Le Déserteur di Boris Vian

By Antiwar Songs Staff on 3 Settembre 2013

Boris Vian
Le Déserteur è sicuramente la canzone contro la guerra e antimilitarista più celebre di tutti i tempi. Eppure la strofa finale originale recitava, come è noto, in tutt’altro modo di quella da tutti conosciuta: Prévenez vos gendarmes, que je serai en arme et que je sais tirer, il che ne faceva una canzone non “pacifista” in senso stretto. Tutti gli “eppure” che si vuole: ma l’antimilitarista (e non “pacifista”) Boris Vian scrisse una feroce canzone contro la guerra, probabilmente riferendosi a delle guerre francesi in particolare: la guerra d’Indocina appena conclusasi con la disfatta di Dien-Bien-Phu, oppure la guerra d’Algeria che stava iniziando.
Algeria, anni ’50. Disertore francese.

Algeria, anni ’50. Disertore francese.

Il manoscritto della canzone porta la data del 15 febbraio 1954; viene pubblicata il 7 maggio dello stesso anno, anniversario della sconfitta di Điện Biên Phủ, e trasmessa (interpretata da Marcel Mouloudji), per la prima volta in radio dalla storica (ed ancora esistente) emittente Europe 1 (con la chiusa finale già modificata). Scoppia il putiferio.

Marcel Mouloudji [1922-1994]

Marcel Mouloudji [1922-1994]

Malgrado le numerose modifiche via via apportate al testo (scompaiono non solo la strofa finale originale, ma anche i riferimenti al Presidente, sostituito da dei più generici Messieurs qu’on nomme grands), nel gennaio del 1955 il consigliere municipale parigino Paul Faber ottiene la censura completa della canzone in radio. Boris Vian reagisce con la sua consueta ironia, pacata ma devastante: la sua prima dichiarazione è che Ma chanson n’est nullement antimilitariste, mais, je le reconnais, violemment pro-civile (“la mia canzone non è affatto antimilitarista, ma, lo riconosco, violentemente pro-civili”); a Paul Faber invia invece una lettera aperta in cui, tra le altre cose, si legge:

“Ex combattente” è una parola pericolosa; non si dovrebbe vantarsi di aver fatto la guerra, dovrebbe dispiacere. Un ex combattente è in condizione più di chiunque altro di odiare la guerra. Quasi tutti i veri disertori sono degli ex-combattenti che non hanno avuto la forza di arrivare fino alla fine del combattimento. E chi scaglierà loro contro la prima pietra? No. Se la mia canzone può spiacere, non è certo a un ex combattente, signor Faber”.

Eliminata dalla diffusione radiofonica e discografica, “Le Déserteur” cade più o meno nel dimenticatoio; per averla cantata, Marcel Mouloudji subisce una sorta di esilio decennale dalla canzone francese; la censura viene tolta soltanto nel 1962, ma ormai Boris Vian è morto da tre anni. Nel 1966 con lo sviluppo delle protest songs e con i moti di Berkeley, viene ripresa da Peter, Paul and Mary, peraltro nella versione “edulcorata” interpretata da Mouloudji. Diviene così la canzone-simbolo che tutti conosciamo.

Innumerevoli sono le versioni in altre lingue.

In Italia è stata incisa per la prima volta nel 1964 (nella versione francese originale) da Margot, ovvero Margherita Galante Garrone (figlia di Alessandro Galante Garrone, moglie di Sergio Liberovici e madre di Andrea) nel periodo dei Cantacronache (1958/1960), quindi ci sono state 5 traduzioni italiane, a cura di Paolo Villaggio, Luigi Tenco, Giorgio Caproni (celebre poeta livornese), Giangilberto Monti e Giorgio Calabrese. Quest’ultima versione è quella cantata da Ivano Fossati nel suo album “Lindbergh” (1992). Ornella Vanoni l’ha inserita nella scaletta del suo tour nel 1971, ma non è affatto vero, come precisa giustamente Enrico de Angelis, che la prima incisione italiana del Disertore sia di Ivano Fossati: dopo essere stata effettivamente incisa in francese da Margot nel ’64 (e più tardi da Adriana Martino), la canzone è stata incisa in italiano dal trio francese The Sunlights nel ’67 e poi, tra il ’71 e il ’72, da Ornella Vanoni, da Serge Reggiani e da Achille Millo.

Riccardo Venturi, 29 ottobre 2004/2 luglio 2005.

Il testo e la traduzione in 49 lingue

Posted in Canzoni, CCG Fondamentali | Tagged Boris Vian, disertori, Mouloudji, Peter Paul and Mary

Libertà mi fa schifo se alleva miseria

By Antiwar Songs Staff on 3 Settembre 2013

Yankee GO HOME

Libertà mi fa schifo se alleva miseria di Cesare Basile: una canzone bellissima e necessaria per ribadire ancora una volta NO MUOS, no alle basi militari.

A settant’anni dallo sbarco alleato in Sicilia, che determinò la caduta del Nazifascismo in Italia e in Europa, i siciliani continuano a pagare un debito infinito ai Padroni della guerra.
La politica americana di invasione, volta a mantenere il controllo di una pace guardiana, ha fatto della nostra isola un protettorato del Pentagono.
Risultato ne è la costante militarizzazione del territorio, di cui il M.U.O.S rappresenta l’ultimo e più sfacciato atto.
Noi occupanti di un teatro distrutto dalla guerra rifiutiamo una pace che fa del militarismo l’asse portante dei suoi affari.
Una pace al servizio degli interessi di mafia, banche, governi.
Rifiutiamo una pace atta a mantenere sfruttamento, ignoranza, miseria: una pace che prepara la guerra e nega emancipazione e dignità ai siciliani e all’umanità tutta.

Testo e traduzioni sul sito

Posted in Canzoni | Tagged Cesare Basile, Libertà, NO MUOS, Sicilia

Hunger Strike: alle origini del grunge

By Antiwar Songs Staff on 3 Settembre 2013

 Hunger Strike

L’avventura dei Temple of the Dog cominciò quando Chris Cornell dei Soundgarden scrisse due canzoni dedicate al suo amico Andrew Wood, che era morto di un’overdose di eroina nel marzo 1990. Wood fu mantenuto in vita dalle macchine per tre giorni dopo l’overdose così che Cornell ebbe modo di vederlo prima che morisse e fu profondamente scioccato dall’esperienza. Wood era il cantante di una promettente band di Seattle, i Mother Love Bone in cui suonavano Stone Gossard e Jeff Ament. I due stavano formando una nuova band che si sarebbe poi chiamata Pearl Jam.

Cornell si riunì ai due ex Mother Love Bone e al chitarrista Mike McCready con l’idea di registrare alcune canzoni di Wood e le due canzoni di tributo. Per paura di essere accusati di speculare sulla tragedia utilizzando il lavoro di Wood, la band decise di pubblicare un album di materiale originale come tributo a Wood. Scelsero il nome “Temple of the Dog” da un verso della canzone “Man of Golden Words” dei Mother Love Bone.

“Hunger Strike” fu l’ultima canzone scritta e registrata per l’album; Cornell la scrisse perché avevano solo nove pezzi e nutriva un odio compulsivo per i numeri dispari.

A proposito del testo Cornell ha detto “Volevo esprimere la gratitudine per la mia vita ma anche il disprezzo per la gente che non si accontenta, che vuole sempre di più. A volte sembra che non ci sia altro modo di avere molto più di ciò di cui hai veramente bisogno che rubarlo ad altri che non potrebbero permettersi di dartelo. La canzone parla di come i ricchi si approfittano di chi non ha niente.”. (La vecchia cara guerra dei centomila anni, verrebbe da dire). Molto probabilmente la canzone si riferisce anche al divario tra i ricchi paesi del cosidetto “Occidente” il cui (relativo) benessere è fondato sullo sfruttamento e i paesi poveri del Sud del mondo.

Il testo della strofa è ripetuto due volte nella canzone, perché Cornell sentiva di aver detto tutto quello che voleva dire sull’argomento con queste parole. I Temple of the Dog registrarono la canzone lo stesso giorno che Eddie Vedder volava a Seattle da San Diego per un provino per la nuova band che sarebbe diventata i Pearl Jam: l’8 ottobre 1990. Era la prima volta che conosceva gli altri, e mentre aspettava rimase da parte per la maggior parte della session.

 Hunger Strike

Cornell aveva in mente di cantare sia la parte alta che la parte bassa del ritornello (“Going Hungry”) da solo con l’aiuto di sovraincisioni, ma non riusciva a cantare bene nel registro basso. All’improvviso Vedder si avvicinò al microfono e cantò le parti basse del ritornello, ed ecco che scattò l’idea di Cornell. Con due voci distinte, Cornell avrebbe cantato la strofa all’inizio della canzone e a seguire Vedder avrebbe ripetuto le stesse parole, con un sound diverso. Con le due voci la canzone cominciò a funzionare e divenne il singolo trainante dell’album.

Fu un momento topico per Vedder, che era riuscito a inserirsi nella canzone di Cornell senza sembrare arrogante e si era guadagnato il rispetto della band. Questa canzone è stata la prima incisione di Vedder per un disco ufficiale. In precedenza aveva inciso solo alcuni demo con la sua vecchia band, i Bad Radio.

Leggi il testo sulle CCG

Posted in Canzoni | Tagged Chris Cornell, Eddie Vedder, Grunge, Temple of the Dog

I Shot The Sheriff: una storia di libertà

By Antiwar Songs Staff on 3 Settembre 2013

Burnin'

“Sono nato con una taglia sulla mia testa”, dichiarò Marley nel corso di un’intervista rilasciata nel ‎‎1978 […] Lo “Sceriffo” rappresenta l’antitesi della libertà, ossia l’insieme dei codici repressivi di ‎condotta che è stato tradotto nelle leggi che servono agli oppressori e sono stati assimilati come “ciò ‎che è giusto”. Nella mitologia occidentale, lo “Sceriffo” potrebbe identificarsi con il drago, il Male ‎assoluto, che deve essere ucciso. […] Ed è proprio lo Sceriffo, e non un suo insignificante gregario ‎‎(il “deputy”), che deve essere eliminato per primo asummendosene e rivendicando tutte le ‎conseguenze dell’azione. […]

Perché “lo Sceriffo mi odia per motivi che non conosco, e tutte le ‎volte che io pianto un seme lui lo estirpa prima che possa crescere”, ossia l’ingiustizia, il Male ‎impedisce al Bene (sarebbe riduttivo e mistificante, anche e proprio perché siamo nel campo del ‎rastafarianesimo, intendere “seed” semplicemente come il seme della “ganja”) di crescere e di ‎fruttificare. […]

Nella filosofia Rastafari la città utopica di Zion, luogo di unità, pace e libertà, si ‎contrappone a Babylon, simbolo dell’oppressione e dello sfruttamento capitalistico/coloniale in cui ‎agiscono demoni che sono gli uomini politici ed il loro apparato di controllo e repressione costituito ‎da eserciti, tribunali e poliziotti […] Lo scontro è quindi inevitabile, il Male minaccia non solo ‎l’integrità fisica ma anche quella morale del “rastaman”. […]

La missione di ogni “Child of Israel” ‎è quindi quella di “to shot the Sheriff”, combattere il Sistema e suoi “deputies”, che si tratti del ‎Faraone, di Nabucodonosor, Erode, Ponzio Pilato, i Bush o Tony Blair… E’ il “Good over evil, ‎good over evil, good over evil” del finale di War… L’eroe DEVE sparare allo Sceriffo: ‘Per ‎quanto ancora uccideranno i nostri profeti / Mentre noi ce ne stiamo da parte a guardare / Alcuni ‎dicono che così vanno le cose / Ma siamo noi che dobbiamo adempiere al Libro’ (Redemption Song)”‎

 

La pagina sulle CCG

Posted in Canzoni | Tagged Bob Marley, Libertà, Reggae

« PreviousNext »

Visita il sito

Il blog di Canzoni contro la guerra. Visita il sito per le ultime novità e per inviare nuove canzoni o commenti.

Canzoni contro la guerra

Pages

Categorie

  • Album
  • Anniversari
  • Appelli
  • Articoli
  • Artisti
  • Canzoni
  • CCG Fondamentali
  • Citazioni
  • Classica
  • General
  • In ricordo
  • Infrastruttura Web
  • Media
  • Percorsi
  • Poesie

Tags

11 settembre 2001 A/I Alberto Savinio Alessio Lega Amore Anarchia Andrea Buffa antifascismo antimilitarismo Argentina Beatles Berlino Est Bertrand Cantat Bob Dylan Boris Vian Bretagna Bruce Springsteen Carlo Levi Catalogna Caterina Bueno Chiara Riondino Cile Claudio Lolli Davide Giromini Dialetti disertori Eduardo Galeano Erotismo Erri De Luca Etiopia Fabrizio De André Federico Garcia Lorca femminicidio Francesco Guccini Frank Zappa galere Gian Piero Testa Ginevra Di Marco Giovanna Marini Grande Guerra Grecia Guerra civile spagnola Guerra d'Abissinia Hip-Hop Hitler Inni Intervista Iraq Jimi Hendrix Joe Strummer John Lennon José Afonso Jugoslavia Killah P Kobanê Kurdistan Lampedusa Leon Gieco Libertà libertà di espressione Libri Lou Reed Luca Rapisarda Marce militari Marco Rovelli Marco Valdo M.I. Mauro Pagani Mercedes Sosa Mussolini New York Nikos Xylouris No TAV Obama Palestina Parlano di noi Pete Seeger Piemonte Politecnico 1973 Polonia Primavera di Praga razzismo Repressione poliziesca Resistenza Robin Williams Rocco Rosignoli Rodolfo Graziani Sacco e Vanzetti Shoah Sicilia Siria Spagna Sudafrica Susanna Parigi The Gang The Velvet Underground Vietnam Violeta Parra Woody Guthrie Yiddish Zabranjeno Pušenje

Commenti recenti

  • Riccardo Venturi su Le vie dei canti
  • Fulvia Ercoli su Perché un blog
  • sergio falcone su Vent’anni dopo. La pagina di Auschwitz cambia pelle
  • L'Anonimo Toscano del XXI Secolo su Dove nascono le CCG
  • Luca Monducci su Dove nascono le CCG

Cerca

Archivio

  • Giugno 2025
  • Marzo 2025
  • Marzo 2024
  • Dicembre 2023
  • Marzo 2023
  • Febbraio 2023
  • Agosto 2022
  • Novembre 2021
  • Maggio 2021
  • Marzo 2021

RSS Ultime canzoni pubblicate sul sito

  • Lunghe cicatrici nere
  • Tito (partigiano Italo Z.)
  • Luna d'aprile
  • Quegli anni
  • A fábrica
  • Jugonostalgia
  • L'arte della convivenza
  • Баллада о ненависти
  • Sarajevo
  • Tornu dissi amuri

Sostieni A/I

Autistici/Inventati

Sostieni Autistici/Inventati

Una piccola donazione può fare la differenza!

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Feed dei contenuti
  • Feed dei commenti
  • WordPress.org

Copyleft © 2025 Antiwar Songs Blog.

Powered by WordPress, Hybrid, and Hybrid News.