Riceviamo dall’amico Gian Piero Testa di ritorno da Atene:
Non che proprio me lo meritassi in forma tanto ampia: ma i miei antichi sodali greci, Babis, Litsa e Thanassis, con grandi fatiche e spese hanno voluto dedicarmi una giornata di festeggiamenti, cui hanno preso parte più di cinquanta dei loro amici, solo perché da parecchi anni nella mia modesta cerchia di conoscenze cerco di rivelare un’immagine del loro Paese meno frettolosa e superficiale di quella che generalmente abbiamo noi Italiani.
Domenica scorsa, 3 di novembre, una piccola folla di persone che mi vedevano per la prima volta mi ha accolto con un calore e una riconoscenza tali da produrmi una commozione mai provata prima. E pensare che di anni sul groppone ne ho ormai in sovrabbondanza. Il diletto che traggo dalla mia occupazione preferita, che consiste nel tradurre per me stesso e per gli amici i poeti neogreci la cui opera ha incontrato i musicisti, ha fatto di me un “filelleno”, degno – secondo una nobile e ancor viva tradizione – del loro affetto.
Ho approfittato per rivedere, dopo troppi anni di assenza, l’Atene di oggi. Una città che si mostra assai più moderna e “capitale” di quanto l’avessi conosciuta, prima delle Olimpiadi del 2004. Le metropolitane la rendono percorribile quasi in ogni senso; le vie e le aree pedonalizzate si sono moltiplicate; il museo dell’Acropoli è un gioiello e un modello che da solo merita il viaggio. Si possono bellamente godere i risultati dell’enorme sforzo che la Grecia ha compiuto nell’ultimo decennio, fino a sfiancarsi e precipitare nella situazione nella quale adesso versa. Perché i Greci (io non frequento, ovviamente, i ceti elevati) hanno altro da pensare, invece di godersi la “òmorfi poli” nella quale vivono riesumando astuzie di sopravvivenza dei tempi di guerra. Io non li ho potuti visitare, ma mi dicono che gl’impianti olimpici, che portano anche la firma di Calatrava, stanno decadendo perché mancano i denari per l’ordinaria manutenzione. I musei e i siti archeologici hanno orari ridotti, perché il personale è stato tagliato per ordine della Troika. I prezzi di quasi tutte le merci e dei servizi sono precipitati, al punto che quasi mi vergognavo di approfittarne chiedendo la riduzione accordata agli anziani: ma ciò non costituisce affatto un guadagno, perché l’euro domina, e con quella stessa moneta i Greci devono procurarsi ciò che ci vendono a prezzi irrisori. All’ Archeologico, se si è anziani come me, si può vedere il Poseidone dell’Artemisio spendendo 3 euro 3. I parcheggi dei taxi, un tempo sempre vuoti, perché le vetture stavano sempre in movimento, ora traboccano e formano nelle piazze deprimenti macchie gialle. Non solo è colpa del metrò, che funziona bene e ti fa liberamente circolare un’intera settimana con solo 14 euro: è che non ci sono soldi per la benzina e neppure per una corsa in un’auto pubblica. L’autostrada per Corinto e Patrasso, sulla quale un tempo c’era da impazzire, è percorsa da (pochi) camion e furgoni. Di automobili quasi non se ne vedono. E potrei continuare. La Grecia è in svendita.
In una settimana, mentre mi trovavo ad Atene, ne sono successe di cose. Un eccidio di oscuri militanti nazifascisti eseguito con tecnica mafiosa davanti a una sede periferica di Alba Dorata, che ha ridato fiato a quei bastardi e ai poliziotti che li coccolano. Uno sciopero generale che prometteva fuoco e fiamme, ma che si è spento sotto gli improvvisi acquazzoni di mercoledì. Una visita della Troika, che ha accordato al ministro dell’Economia un quarto d’ora di colloquio: colloquio che si è concluso con le parole di uno dei “visitor”: “E adesso non vada a dire fuori di qui che addolcirete le misure, perché semplicemente le misure le applicherete”.
Si tratta, “semplicemente”, di togliere il lavoro ad altre 12.000 persone da qui a febbraio.
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