Nel nostro sito, esistono una decina di “Canzoni fondamentali” che, nel corso degli anni, sono state considerate una sorta di canzoni contro la guerra universali. Stanno lì, da sempre, in bella vista sulla homepage; nelle rispettive pagine sono contrassegnate da un bannerino rosso con una “B” che sta per “Basic”. Avere quel bannerino, per una canzone contro la guerra, significa principalmente una cosa: essere conosciuta e cantata veramente in tutto il mondo. Non importa in quale lingua sia stata composta originariamente; si tratta davvero di canzoni storiche il cui valore e la cui importanza va ben oltre; sicuramente, come ama ripetere spesso un nostro collaboratore, “non hanno mai impedito o fatto terminare una guerra”, ma hanno comunque segnato le coscienze e, non di rado, anche gli eventi.
La prima di queste canzoni, anche numericamente, è Le déserteur di Boris Vian. Della numero 2, Where Have all the Flowers Gone di Pete Seeger si parla in questo articolo. Sì, perché, come spesso accade nelle pagine dedicate alle “Canzoni fondamentali” del sito, esse col tempo si stratificano. Sono talmente “antiche” e enormi, che diventano man mano un accumulo disordinato di traduzioni, commenti e quant’altro; inoltre, essendo pagine formatesi originariamente nei primissimi tempi del sito (oramai tredici anni fa, che per un sito Internet equivalgono a tredici secoli…), sono aggiornate abbastanza raramente e, quindi, “invecchiano” e presentano mostrano sovente imprecisioni dovute quasi sempre al fatto che, all’epoca della loro formazione, la Rete offriva molte meno possibilità di ricerca e di reperimento di dati. La pagina dedicata alla canzone di Pete Seeger era, in tutta sincerità, una di quelle. Qualche mese fa mi ci ero avventurato per caso mettendomi le mani nei capelli: era diventata un autentico guazzabuglio. Urgeva non una semplice ristrutturazione, bensì un rifacimento quasi di sana pianta; cosa che, con un mese circa di lavoro, è adesso terminata. Chiunque abbia presente la pagina com’era un mese fa e come è adesso, non mancherà (spero) di notarlo a prima vista.
Presentare Where Have all the Flowers Gone è semplicemente inutile: nata in sordina nel 1956 a partire da alcuni versi di una canzone popolare ucraina letti da Seeger nel Placido Don di Sholochov, sui quali il musicista innestò una melodia ripresa dalla canzone popolare americana Drill Ye Tarriers Drill, la canzone “esplose” nei primi anni ’60. Con la sua “struttura a catena” ripresa da modelli poetici popolari che si perdono nella notte dei tempi, Where Have all the Flowers Gone, si può dire, è una canzone nata già universale perché parla, e nel modo più semplice possibile, di ciò che accade da sempre. I fiori son colti dalle ragazze, le ragazze son colti dai ragazzi, i ragazzi son colti dalla guerra, i soldati son colti dalla tomba e la tomba è colta da nuovi fiori. E tutto ricomincia come prima.
Un rifacimento “quasi di sana pianta” di una pagina come questa non può ovviamente constare solo di aggiustamenti o migliorie grafiche o comunque fisiche nella pagina. Molti dati, ad esempio, erano imprecisi e, in alcuni casi, addirittura sbagliati. Particolarmente nelle indicazioni autoriali delle versioni nelle varie lingue, c’è stato parecchio da lavorare e da correggere. Poiché la maggior parte delle versioni e traduzioni sono state cantate (spesso da interpreti di fama mondiale, come Joan Baez o Marlene Dietrich, che interpretò la versione tedesca scritta da Max Colpet nel 1962, Sag mir wo die Blumen sind, la quale è perlomeno famosa quanto l’originale, e talmente tanto da essere creduta da molti nel mondo come la canzone originale tout court), si è trattato anche di reperire i video di ogni singola versione, naturalmente laddove possibile. Sono state, per ogni versione, aggiunte delle introduzioni se rese necessarie dalla particolare valenza della versione stessa; e, naturalmente, ricercando sono venute fuori storie a volte incredibili. In senso divertente, come nel caso della versione svedese scritta nel 1962 da Beppe Wolgers, cantante e attore che interpretò la parte del padre di Pippi Calzelunghe nel famoso telefilm; oppure in senso tragico, come una delle due versioni ungheresi, interpretata da una cantante, Erzsi Kovács, che nei primi anni ’50 visse una impossibile storia d’amore con un calciatore della nazionale magiara progettando di scappare all’estero con lui (il calciatore fu tradito da una spia e fatto impiccare dal regime stalinista).
Per ogni versione, anche per quelle “non di autore”, sono stati effettuati controlli rigorosi; sono state aggiunte immagini e trascrizioni per le lingue non scritte in alfabeto latino e, naturalmente, sono state aggiunte nuove traduzioni. All’inizio del rifacimento, la pagina presentava traduzioni e versioni in 26 lingue; ora sono 42. Tutto questo ha un valore che va oltre il sito: poiché, ad esempio, praticamente tutti gli articoli sulla canzoni presenti nelle varie edizioni di Wikipedia sono basati sulla nostra pagina, anche le varie “Wikipedie” saranno prima o poi costrette ad aggiornarsi.
È ovviamente palese che i rifacimenti delle “pagine fondamentali” non termineranno con questo; tutte le “Basic” hanno bisogno di una lucidatina, mettiamola così. Una lucidatina, però, che non le renda soltanto più “belline” esteriormente, ma anche sempre più profonde, esatte e fruibili. Che lo si voglia o meno, si tratta di canzoni che hanno fatto la Storia e che si sono insinuate dentro di essa: è ad esempio possibile immaginare il movimento di protesta degli anni ’60 senza una canzone come Where Have all the Flowers Gone? Eppure quel movimento una guerra l’ha fatta finire, e ha buttato giù dalla poltrona un presidente.
Insomma, All the flowers are back. Non che siano mai andati via, perché la canzone continua ad essere famosissima, con versioni composte anche in anni recentissimi e negli stili musicali più impensabili per una melodia che è semplicissima, quasi elementare; però, chissà, anche una pagina Internet fatta nel miglior modo possibile potrà dare il suo contribuito, con le sue mille storie. Fra qualche anno, sempre che il grande Manitù ci conservi la salute, ci sarà naturalmente da rifare tutto daccapo.
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