Da oramai parecchi anni, il carrarino Davide Giromini detto “Darmo”, con la sua Cooperfisa, le sue pettinature estreme, le sue varie formazioni e progetti, i suoi gatti neri e il suo celeberrimo disimpegno (termine non facilmente coglibile da chi non abbia mai avuto la ventura di mangiarsi una pasta al pomodoro in casa sua), porta avanti, imperterrito e forse unico in questo decostrutto paese, il suo racconto di quel che è avvenuto dopo. Dopo che cosa? Si sarebbe magari tentati di dire dopo i favolösi anni settanta, e partiamo giustappunto da qui, ché da qualche cosa si deve pur partire. Di che cosa sia avvenuto dopo quegli anni, in generale lo si sa; i protagonisti (più o meno sedicenti) di quel periodo si sono accaparrati, quasi con una sorta di copyright intoccabile, il termine generazione. Ad un certo punto è quasi sembrato che di generazioni, fatto salvo l’uso biblico e ecclesiastico, non ne fossero esistite prima, e soprattutto che non ne siano più esistite dopo. Quella dei giovanotti degli anni sessanta e settanta, ora arzilli sessanta o settantenni con pensioni, impieghi pubblici, libri di maggiore o minore valore, ex lotte armate, ritaglini in centri sociali, solitudini più o meno sbandierate, non di rado carriere prestigiose e voltafaccia sesquipedali, è praticamente diventata la generazione, per antonomasia; si dà il caso che il Giromini, però, appartenga a quella un po’ dopo. A quella che non c’è, come tutte le successive. A quella dei riflussi, degli anni ottanta, venuta su a cartoni animati giapponesi o d’altro sol levante o ponente, a lorelle cuccarini, a fine delle ideologie, a non me ne sdruma un drigo, a cadute epocali di “muri” presupposto dell’erezione d’altri e peggiori, esterni e interni; a quella delle trasformazioni, delle crisi sistemiche, delle legalità, de’ giudici-eroi, e di chissà quant’altre cose che il recente passato e il presente ci propinano. Bene, Davide Giromini, fisarmonica e pettinatura estrema alla mano, si è assunto il compito di raccontare tutto questo.
Tutto questo dopo. Lo ha fatto in diversi album di canzoni che, anche qua dentro, alcuni si sono addannati a definire quantomeno fondamentali, anche perché vanno ben oltre le semplici canzoni. Sono una storia, una ricostruzione, un percorso che ci mena all’oggi, alla momentaneità. I bambini sono diventati adulti senza avere potuto far parte della Generazione, quella con la G maiuscola, procedendo tra nostalgie indotte e aneliti a trovare una propria strada verso il cambiamento; ma se cambiamento c’è stato, esso ha portato alle rovine, ai berlusconismi, agli oblii, al ritorno del fascismo, alle tecnologie di controllo capillare delle masse e degli individui, alle decerebrazioni dei social media e degli smartphone. Un tentativo è stato troncato nel sangue, a Genova nel 2001; e da allora, ghetti, riserve indiane appena tollerate e più sovente sgomberate, ritorni di valori, carrette sui mari, reticolati balcanici, e guerra, guerra, guerra a vagonate col suo corollario di degradi, sicurezze, paure, terrori e terrorismi più o meno di stato (sempre ammesso che lo stato esista ancora, e non concesso). Nella sua indipendenza estrema quanto le sue pettinature, Davide Giromini, si è messo al lavoro da una qualsiasi periferia del mondo. E continua a raccontare, a suonare in posti che vanno dagli appena probabili agli altamente improbabili, a scrivere il suo racconto, o storia, o percorso.
Racconto, storia o percorso dove c’è davvero tutto. I postcomunismi (o il “fine comunismo”, che peraltro si interscambia col “comunismo fine”), le magnifiche imbecillizzazioni & progressive dei compagni da quelli de Fornovo (che uno vedrebbe scritto benissimo in cirillico: Форново) fino a quelli di Rignano sull’Arno, la distruzione di un mondo, le cattive coscienze che per qualcuno devono essere state ancora più cattive, la grande storia e quella, apparentemente, più piccola, sommessa, locale. Non è facile, e lo so bene, districarsi nello squisito labirinto che il Darmo ha messo su negli ultimi anni, passando di qua e di là, collegando passati oramai lontani a futuri che non si sa nemmeno se arriveranno, transitando per presenti turbinosi perché il presente, che lo si voglia o meno, turbinoso è sempre anche se non molti hanno la capacità, ed anche il desiderio, di percepirlo seriamente. Ma non si creda che il racconto, storia o percorso intrapreso da Davide Giromini abbia come obiettivo esclusivamente la Storia; nel suo autentico Canto alle generazioni sequestrate (parafraso qui il titolo di uno dei suoi album del percorso), Davide Giromini ha fatto come un affresco globale restando, imperterrito, abbarbicato al suo fazzoletto di terra apuana, all’Apuamater che non è soltanto l’iconografia degli anarchici, dei cavatori, dei resistenti. E’ iconografia perfetta anche di speculazioni, di disastri, di lavoro schiacciante e schiacciato, delle evoluzioni, delle fabbriche chiuse, dei rincoglionimenti mediatici (un giorno qualcuno capirà, forse, il lancinante grido di dolore lanciato da Basta figa). Tutto è rimasto, naturalmente, liberamente ascoltabile. In qualche album strascinato in giro e esposto sui banchetti, in qualche demartino o fosdinovo (altro perfetto cirillico: Фосдиново), in concerti, in video Tubeschi. Liberamente ascoltabile, ma altrettanto liberamente ignorabile. Perché questi sono i tempi dell’ignorabile. Può darsi, chissà, che il Giromini, i suoi album e le sue storie di una generazione diventino il fenomeno postumo di un qualche 2088, come accadde a Guido Morselli coi suoi romanzi. Oppure che, nel 2088, ci sia un altro Giromini che si addannerà a raccontare qualche post di chissà che cosa; ma noi non ci saremo, vedetevela un po’ voi futurajoli.
Ultimamente, anno Domini 2016, il Giromini ha pensato bene, però, di fare una specie di album antologico di tutto questo percorso. Lo ha chiamato Ostalghia, e lo suona assieme alla sua attuale band di accompagnamento, dall’evocativo nome de La maledizione. Pur contenendo in massima parte brani già noti, con la sua “Maledizione” l’album non è immediato. Ci vuole un po’ per (ri)abituarsi, dopo anni di sound apuanamente sperimentali, all’essenzialità delle riproposizioni di Ostalghia; poi ci si (ri)abitua, e il Gran Darmo ti si riattacca addosso. Brani già noti, certo, ma con una significativa novità: i brani recitati presenti in alcuni di essi, l’integrazione evocativa. Volto Nascosto è integrata con l’oramai consueta traduzione di Bigmouth Strikes Again degli Smiths, diventata da un po’ come una specie di “trademark” girominiano (naturalmente i brani recitati saranno trascritti al più presto nelle rispettive pagine del sito). Ci si deve un po’ (ri)abituare anche alla voce di Davide Giromini, che è sempre quella ma che, in quest’album, in alcuni punti lo fa immaginare alle due e mezzo di notte con una candela in mano in un maniero scozzese diroccato; e, come si dice appunto in Scozia, ‘gli è i’ su’ bello.
Se l’intero album è una summa, la canzone che viene presentata in questa pagina, si può dire, è come la summa della summa. Non a caso è la canzone che dà il titolo all’intero album; Ostalghia è agghiacciantemente bella. Sapete, una di quelle cose senza nemmeno mezza parola fuori posto, e dove le eventuali citazioni non sono più nemmeno tali, ma stanno lì a incastrarsi perfettamente come tessere di un mosaico, quel mosaico che Davide Giromini è andato costruendo in questi anni per la sua generazione. La dissoluzione globale di un mondo, senza che al suo posto sia stato inserito nient’altro che il Nulla; ma una dissoluzione astiosa, piena di errori, di rimorsi, di svilimento di simboli. E si va avanti, col sole che rinasce senza essere nato. E chi ha compagni, magari non morirà; il problema è avere dei compagni, perché nessuno è più compagno di nessuno. Si potrà dire che i “germi” c’erano già, e che nessuno se n’è accorto, nemmeno quando i germi erano diventati grossi come elefanti. Ma tutto questo, il Giromini lo ha già raccontato. Quasi impossibile accorgersi anche di elefanti, in trenta e rotti anni di rincoglionimento mediatico, di vuoto pneumatico, di inculcamenti, di ogni cosa. Si ascolta quindi questa Ostalghia, e chi può si canticchia alla bell’e meglio anche la sua traduzione russa, appositamente fatta preparare, pensando a quali e quanti surrogati devono essere propinati. In quel famoso castello scozzese che il Giromini a volte sembra frequentare, di fantasmi ce ne devono essere parecchi, e mai semplici; contemporaneamente, quel che si avverte è sempre quello scrupoloso retrogusto di quelle plaghe tra Carrara e Ortonovo (Ортоново), tra Nicola e Palvotrisia, tra La Spezia e Murmansk, tra l’Aurelia e la Transiberiana. La voglia di Castelnuovo Magra sopra la fronte di Gorbaciov. Ostalghia è un amaro, terribile capolavoro che resterà, naturalmente, sbattuto fra ex case del popolo (non a Cortina), fra demartini e fosdinovi, tra salette, tra album autoprodotti o quasi, tra siti internet, tra video YouTube, tra maree e contromaree; ma ha la natura del tarlo, e come tale si roderà il suo legno.
ОСТАЛГИЯ
Мы были взрослым детьми
с совестью в какой-нибудь песне,
горький эликсир науки
смешивал веру и разум.
Раскаяние – наш Будапешт,
К Элизе – наша рана
бесцветное прошлое партизанов,
показное новое сознание
в небе Праги.Мы были красивые и проклятые
после сна Богемы,
в онирическо-алкогольных заводах
социалистов в фазе рем.
Мы были красным знаменами
забытым в отбеливателе,
пустым, выцветщим симболами
мы искали Народные дома в Кортине.Солнце внутри нас
встаëт снова не родившись
и фильтрует обострения
нашего ветра давнопрошедшего.
Лебединая песня,
телевидение,
американский закон
чистя родинку Афганистана
на челе Горбачëва,
чистя родинку Афганистана
на челе Горбачëва.Товарищи, давай оставим это,
это – вопрос соблазна,
и не выборов как за Мару Каголь,
не заводов и занятости,
не фашистов и капитализма,
а большевистского футуризма,
это винтовка, это летающий берет
в какой-нибудь песне.Животные с сознанием,
деволуция, неправильная дорога,
которая в бороде Маркса надевает нам
маску отца, который сделал эвтаназию.
И если смерть – утешение
жизни и еë узаконение,
к чему это, отрицать Бога?
К чему это, подумать еще раз,
что тот, кто имеет товарищей,
не умрëт?Солнце внутри нас
встаëт снова не родившись
и фильтрует обострения
нашего ветра давнопрошедшего.
Лебединая песня,
телевидение,
американский закон
чистя родинку Афганистана
на челе Горбачëва,
чистя родинку Афганистана
на челе Горбачëва.
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