La generazione degli anni 80, che negli USA è chiamata “Hip-Hop generation” è quella che più di ogni altra ha pagato il tributo di sangue nelle guerre in Afghanistan e in Iraq. Certo, si può dire che fossero (e siano ancora oggi) tutti volontari i soldati statunitensi che decidono di andare a combattere laggiù, ma molto spesso si tratta di giovani non abbienti, ricattati col miraggio di ottenere la cittadinanza americana (se immigrati) o di vedersi pagati gli studi al rientro dal servizio militare. E invece tanti di loro, imboniti da proclami stantii e da menzogne (“un’opportunità per girare il mondo, per costruirsi un futuro”, “un’occasione per rendersi autonomi e quindi liberi”, “non siamo in guerra, portiamo la pace e la libertà a chi non ce l’ha”) sono poi tornati a casa in una busta di plastica avvolta dalla bandiera a stelle e strisce oppure mutilati o ancora pazzi o anche malati per via dell’uranio impoverito…
Somebody better ask somebody that
The people that’s most affected, by this war
Are the so-called hip-hop generationParis – A.W.O.L.
Avrebbero fatto meglio – è la considerazione finale del brano dei Paris – a diventare “C.O.” (obiettori di coscienza), “A.W.O.L.” (Absent WithOut Leave, disertore)…
Perché la guerra non è altro che dolore.
I guess I should have been a C.O., and kept up a file
Shoulda listened when my homies said we murder for oil
Now I’m fuckin with this wheelchair, ain’t nuttin the same
And I’m knowin confrontation’s mo’ than video games
War is pain
Nella foto: Thomas Young, veterano della guerra in Iraq, costretto sulla sedia a rotelle.
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